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Amministrazione

La formazione di un “buon” economo non si improvvisa

di mons. Claudio STERCAL Vicario episcopale per gli affari economici Redazione

23 Novembre 2009

«Il peccato non sta nell’abbondanza dei beni, ma in coloro che non sanno usarli; infatti se le ricchezze sono un ostacolo per i malvagi, per i buoni sono un aiuto alla virtù». Queste parole di Sant’Ambrogio, tratte dalla Esposizione del Vangelo secondo Luca – scritta con ogni probabilità tra il 389 e il 390 d.C. -, costituiscono ancora per noi, oggi, un utile punto di riferimento per illustrare il senso e l’importanza della formazione di “buoni” economi. Sono “buoni” se sanno usare i beni a favore dell’esercizio della virtù e per l’edificazione di un’autentica vita cristiana. È una “bontà»”, quindi, che non si qualifica solo per i sentimenti e gli affetti, ma che si esprime anche attraverso lo sforzo di conoscere con chiarezza e precisione la verità, di esercitare con prudenza e attenzione la propria libertà, di dedicarsi con impegno all’acquisizione delle competenze necessarie. In una parola: il “buon” economo racchiude in sé molte delle virtù che costituiscono una vera vita cristiana.
Per questo motivo, la formazione di un “buon” economo non si improvvisa. Richiede un cammino tanto articolato e complesso quanto quello di una vita cristiana. Al termine di quel cammino, però, si potrà dire di lui quello che il redattore finale del libro dei Proverbi dice, a conclusione della propria opera, della donna virtuosa, modello di ogni uomo veramente sapiente: «Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città» (Prov 31,31). «Il peccato non sta nell’abbondanza dei beni, ma in coloro che non sanno usarli; infatti se le ricchezze sono un ostacolo per i malvagi, per i buoni sono un aiuto alla virtù». Queste parole di Sant’Ambrogio, tratte dalla Esposizione del Vangelo secondo Luca – scritta con ogni probabilità tra il 389 e il 390 d.C. -, costituiscono ancora per noi, oggi, un utile punto di riferimento per illustrare il senso e l’importanza della formazione di “buoni” economi. Sono “buoni” se sanno usare i beni a favore dell’esercizio della virtù e per l’edificazione di un’autentica vita cristiana. È una “bontà»”, quindi, che non si qualifica solo per i sentimenti e gli affetti, ma che si esprime anche attraverso lo sforzo di conoscere con chiarezza e precisione la verità, di esercitare con prudenza e attenzione la propria libertà, di dedicarsi con impegno all’acquisizione delle competenze necessarie. In una parola: il “buon” economo racchiude in sé molte delle virtù che costituiscono una vera vita cristiana.Per questo motivo, la formazione di un “buon” economo non si improvvisa. Richiede un cammino tanto articolato e complesso quanto quello di una vita cristiana. Al termine di quel cammino, però, si potrà dire di lui quello che il redattore finale del libro dei Proverbi dice, a conclusione della propria opera, della donna virtuosa, modello di ogni uomo veramente sapiente: «Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città» (Prov 31,31).