Ognuno sceglie, ogni giorno, le parole che dice e i temi che vuole affrontare. Ognuno decide di reagire ai fatti e alle provocazioni che la vita offre attingendo a ciò che gli sta più a cuore e ritiene più decisivo per la situazione. Così ha fatto martedì scorso il cardinale Tettamanzi, quando ha scelto di iniziare la sua catechesi sulla morale a partire dal battesimo.
Di questa scelta (avrebbe potuto infatti partire da altri punti o utilizzare altre parole, o sottolineare altri temi) gli sono particolarmente grato per tre motivi. Anzitutto perché ha voluto ricordarci che la morale è un discorso iniziato da Dio con un sì grande e pieno rivolto a ogni uomo. Questo è il Dio cristiano: uno che ama per sempre e per primo, che non smette mai di schierarsi dalla parte dell’uomo, che continua a cercare un incontro vivo, concreto e personale con me e ogni altro essere umano, uno che non mi considera un numero, uno fra i tanti. Il Dio cristiano non è un dio del no, del non si deve, del non si può. Come diceva un ragazzino del catechismo: «Dio fa il tifo per me!», ed è un tifoso sfegatato.
Un secondo motivo di gratitudine e di interesse lo ricavo dai verbi che l’Arcivescovo ha scelto per descrivere l’esperienza fondamentale della morale battesimale: fare memoria, contemplare, custodire. Martedì sera ci è stato ricordato che la libertà (che bello sentire questa parola ripetersi più volte in una catechesi sulla morale) risponde con fedeltà e amore esigente quando si lascia conquistare dal dono accolto e custodito con gratitudine, quando intravede l’orizzonte di grazia dell’alleanza di Dio, quando riconosce nella Buona Notizia del Vangelo la possibilità più vera per la propria esistenza. La morale cristiana battesimale non è riducibile a una evidente serie di cose da fare o non fare, a una chiara lista di precetti da osservare, a un elenco di pratiche giuste o sbagliate cui dare un ossequioso assenso. La morale cristiana è una questione di fascino che conquista.
Infine sono grato all’Arcivescovo perché ha ricordato a tutti che non siamo soli in questo cammino affascinante e spesso faticoso. In un mondo dove le questioni appaiono in tutta la loro feroce complessità e dove non è sempre così semplice comprendere cosa significa concretamente rispondere “sì” all’amore di Dio, possiamo vivere la nostra responsabilità di fronte alla realtà tenendo cuore e intelligenza aperti, immersi nel dono grande della comunione ecclesiale. C’è una comunità cristiana in cui è possibile un autentico esercizio di discernimento, in cui ci si esorta vicendevolmente, ognuno secondo la propria vocazione e responsabilità, con attenzione delicata e affettuosa. Davvero il bene dell’unità è un dono da custodire. Le parole scelte dall’Arcivescovo per parlare in radio e tv di morale allargano il cuore ed esaltano il sapore di Buona Notizia tipico dell’esperienza cristiana. Ognuno sceglie, ogni giorno, le parole che dice e i temi che vuole affrontare. Ognuno decide di reagire ai fatti e alle provocazioni che la vita offre attingendo a ciò che gli sta più a cuore e ritiene più decisivo per la situazione. Così ha fatto martedì scorso il cardinale Tettamanzi, quando ha scelto di iniziare la sua catechesi sulla morale a partire dal battesimo.Di questa scelta (avrebbe potuto infatti partire da altri punti o utilizzare altre parole, o sottolineare altri temi) gli sono particolarmente grato per tre motivi. Anzitutto perché ha voluto ricordarci che la morale è un discorso iniziato da Dio con un sì grande e pieno rivolto a ogni uomo. Questo è il Dio cristiano: uno che ama per sempre e per primo, che non smette mai di schierarsi dalla parte dell’uomo, che continua a cercare un incontro vivo, concreto e personale con me e ogni altro essere umano, uno che non mi considera un numero, uno fra i tanti. Il Dio cristiano non è un dio del no, del non si deve, del non si può. Come diceva un ragazzino del catechismo: «Dio fa il tifo per me!», ed è un tifoso sfegatato.Un secondo motivo di gratitudine e di interesse lo ricavo dai verbi che l’Arcivescovo ha scelto per descrivere l’esperienza fondamentale della morale battesimale: fare memoria, contemplare, custodire. Martedì sera ci è stato ricordato che la libertà (che bello sentire questa parola ripetersi più volte in una catechesi sulla morale) risponde con fedeltà e amore esigente quando si lascia conquistare dal dono accolto e custodito con gratitudine, quando intravede l’orizzonte di grazia dell’alleanza di Dio, quando riconosce nella Buona Notizia del Vangelo la possibilità più vera per la propria esistenza. La morale cristiana battesimale non è riducibile a una evidente serie di cose da fare o non fare, a una chiara lista di precetti da osservare, a un elenco di pratiche giuste o sbagliate cui dare un ossequioso assenso. La morale cristiana è una questione di fascino che conquista.Infine sono grato all’Arcivescovo perché ha ricordato a tutti che non siamo soli in questo cammino affascinante e spesso faticoso. In un mondo dove le questioni appaiono in tutta la loro feroce complessità e dove non è sempre così semplice comprendere cosa significa concretamente rispondere “sì” all’amore di Dio, possiamo vivere la nostra responsabilità di fronte alla realtà tenendo cuore e intelligenza aperti, immersi nel dono grande della comunione ecclesiale. C’è una comunità cristiana in cui è possibile un autentico esercizio di discernimento, in cui ci si esorta vicendevolmente, ognuno secondo la propria vocazione e responsabilità, con attenzione delicata e affettuosa. Davvero il bene dell’unità è un dono da custodire. Le parole scelte dall’Arcivescovo per parlare in radio e tv di morale allargano il cuore ed esaltano il sapore di Buona Notizia tipico dell’esperienza cristiana. – I gruppi d’ascolto –
Quaresima
La catechesi del Cardinale: «Dio fa il tifo per me»
Tre motivi di gratitudine all'Arcivescovo dopo aver ascoltato la sua prima meditazione: «Le parole scelte per parlare� di morale alla radio e alla televisione allargano il cuore»
Andrea CIUCCI Redazione Diocesi
9 Marzo 2009