Con i consueti auguri per la festa che conclude il mese di digiuno e preghiera del Ramadan, il cardinale Tettamanzi ha inviato un messaggio ai fedeli musulmani e li ha invitati a lottare insieme ai cristiani per vincere la povertà materiale e culturale che colpisce molta parte di umanità. Sollecitazione rilanciata anche alle comunità e agli operatori pastorali diocesani. Ci guida a riflettere sul tema don Gianfranco Bottoni, responsabile dell’Ufficio ecumenismo e dialogo della diocesi.
Il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e l’Arcivescovo hanno indirizzato ai musulmani un messaggio, “Cristiani e musulmani: insieme per vincere la povertà”. Si possono individuare aspetti nuovi, segni di un cambiamento di clima di rapporti?
È una proposta significativa. Cristiani e musulmani, malgrado forti differenze, hanno in comune non pochi valori. Sulla base di questi possono stringere alleanze verso comuni obiettivi. Sconfiggere la povertà è un imperativo della coscienza cristiana che trova eco in quella islamica. Nel suo messaggio l’Arcivescovo ricorda che l’Expo 2015, col tema “Nutrire il pianeta”, non può ignorare la piaga della fame nel mondo. A Milano un’iniziativa comune potrebbe sensibilizzare i cittadini e i fedeli di entrambe le religioni. È un messaggio coraggioso, all’unisono con quello della Congregazione vaticana.
La concretezza di problemi che investono molta parte dell’umanità portano alla necessità di unire le forze per superare la povertà, che è il nemico da battere: “Insieme per vincere” apre a programmi diversi, convergenti, verso le politiche mondiali? Si può partire da fronti distanti per puntare allo stesso fine?
È possibile percorrere insieme alcuni tratti di cammino, se c’è consapevolezza delle profonde differenze. Se ciascuna realtà religiosa sa restare fedele alla propria tradizione. La paura dell’incontro con l’islam nasce dalla scarsa consapevolezza della differenza cristiana, della specifica singolarità del messaggio evangelico. Senza rendersene conto, molti cristiani riducono la fede a religione della propria civiltà. Il cristianesimo non è solo questo, ma ben di più. Ora chi ha veramente fede nel Cristo risorto vince le paure. A fare problema c’è l’islam, ma anche la nostra poca fede. Con giuste premesse si può “partire da fronti distanti”. E la distanza da accorciare è sia tra cristiani e musulmani, sia tra cristiani favorevoli e contrari al dialogo, sia tra islamici e islamici. Utopia? Ma a noi non spetta di raggiungere una irraggiungibile stella polare, ma di fare passi in direzione giusta.
Il Cardinale invita i musulmani a riconoscersi nella storia di Milano che da sempre ha visto integrazioni di popoli e religioni diverse. Il 2013, ricorrenza dell’editto di Milano dell’imperatore Costantino, vedrà proposte anche per i musulmani?
Tettamanzi accenna all’evento del 313, che concesse ai cristiani e a tutti di professare il proprio culto. Oggi c’è chi riconosce la libertà di culto in linea di principio, ma la ostacola di fatto. Ciò avviene a danno dei musulmani. Tocca a loro – non allo Stato o agli enti locali, tanto meno alla Chiesa – procurarsi i luoghi di culto. Ma vanificando ogni loro legittimo sforzo si nega il diritto. In vista del XVII centenario del rescritto che legittimò il culto cristiano Comune e Forum delle Religioni hanno ipotizzato un evento interreligioso internazionale sulla questione delle “religioni nello spazio pubblico”. Al Forum milanese partecipano anche gli islamici.
I messaggi del Pontificio Consiglio e dell’Arcivescovo sono stati inviati agli operatori pastorali delle comunità diocesane: cosa ci si aspetta da loro? Ci sono state già reazioni?
La comunità cristiana ha bisogno di luce per non dividersi sulla questione islamica. Ritengo che la paura di molti vada capita e non demonizzata da parte di chi, per grazia, ha accolto un po’ di più la Parola di Dio. Alla paura non si comanda con i ragionamenti e tanto meno con le polemiche. Chi è nella paura ha bisogno della carità di altri che lo prendano per mano aiutandolo ad uscirne. Anche perché non ogni paura è priva di fondamento. La proposta del Cardinale può illuminare a ridimensionare le paure. Se il cristiano che ha già esperienze positive di relazioni con musulmani desse la mano a chi è ancora diffidente nei confronti dell’islam, non potrebbero tentare insieme di avviare una qualche forma di prudente collaborazione con esponenti musulmani in progetti concreti contro la povertà? È troppo? Con i consueti auguri per la festa che conclude il mese di digiuno e preghiera del Ramadan, il cardinale Tettamanzi ha inviato un messaggio ai fedeli musulmani e li ha invitati a lottare insieme ai cristiani per vincere la povertà materiale e culturale che colpisce molta parte di umanità. Sollecitazione rilanciata anche alle comunità e agli operatori pastorali diocesani. Ci guida a riflettere sul tema don Gianfranco Bottoni, responsabile dell’Ufficio ecumenismo e dialogo della diocesi.Il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e l’Arcivescovo hanno indirizzato ai musulmani un messaggio, “Cristiani e musulmani: insieme per vincere la povertà”. Si possono individuare aspetti nuovi, segni di un cambiamento di clima di rapporti?È una proposta significativa. Cristiani e musulmani, malgrado forti differenze, hanno in comune non pochi valori. Sulla base di questi possono stringere alleanze verso comuni obiettivi. Sconfiggere la povertà è un imperativo della coscienza cristiana che trova eco in quella islamica. Nel suo messaggio l’Arcivescovo ricorda che l’Expo 2015, col tema “Nutrire il pianeta”, non può ignorare la piaga della fame nel mondo. A Milano un’iniziativa comune potrebbe sensibilizzare i cittadini e i fedeli di entrambe le religioni. È un messaggio coraggioso, all’unisono con quello della Congregazione vaticana.La concretezza di problemi che investono molta parte dell’umanità portano alla necessità di unire le forze per superare la povertà, che è il nemico da battere: “Insieme per vincere” apre a programmi diversi, convergenti, verso le politiche mondiali? Si può partire da fronti distanti per puntare allo stesso fine?È possibile percorrere insieme alcuni tratti di cammino, se c’è consapevolezza delle profonde differenze. Se ciascuna realtà religiosa sa restare fedele alla propria tradizione. La paura dell’incontro con l’islam nasce dalla scarsa consapevolezza della differenza cristiana, della specifica singolarità del messaggio evangelico. Senza rendersene conto, molti cristiani riducono la fede a religione della propria civiltà. Il cristianesimo non è solo questo, ma ben di più. Ora chi ha veramente fede nel Cristo risorto vince le paure. A fare problema c’è l’islam, ma anche la nostra poca fede. Con giuste premesse si può “partire da fronti distanti”. E la distanza da accorciare è sia tra cristiani e musulmani, sia tra cristiani favorevoli e contrari al dialogo, sia tra islamici e islamici. Utopia? Ma a noi non spetta di raggiungere una irraggiungibile stella polare, ma di fare passi in direzione giusta.Il Cardinale invita i musulmani a riconoscersi nella storia di Milano che da sempre ha visto integrazioni di popoli e religioni diverse. Il 2013, ricorrenza dell’editto di Milano dell’imperatore Costantino, vedrà proposte anche per i musulmani?Tettamanzi accenna all’evento del 313, che concesse ai cristiani e a tutti di professare il proprio culto. Oggi c’è chi riconosce la libertà di culto in linea di principio, ma la ostacola di fatto. Ciò avviene a danno dei musulmani. Tocca a loro – non allo Stato o agli enti locali, tanto meno alla Chiesa – procurarsi i luoghi di culto. Ma vanificando ogni loro legittimo sforzo si nega il diritto. In vista del XVII centenario del rescritto che legittimò il culto cristiano Comune e Forum delle Religioni hanno ipotizzato un evento interreligioso internazionale sulla questione delle “religioni nello spazio pubblico”. Al Forum milanese partecipano anche gli islamici.I messaggi del Pontificio Consiglio e dell’Arcivescovo sono stati inviati agli operatori pastorali delle comunità diocesane: cosa ci si aspetta da loro? Ci sono state già reazioni?La comunità cristiana ha bisogno di luce per non dividersi sulla questione islamica. Ritengo che la paura di molti vada capita e non demonizzata da parte di chi, per grazia, ha accolto un po’ di più la Parola di Dio. Alla paura non si comanda con i ragionamenti e tanto meno con le polemiche. Chi è nella paura ha bisogno della carità di altri che lo prendano per mano aiutandolo ad uscirne. Anche perché non ogni paura è priva di fondamento. La proposta del Cardinale può illuminare a ridimensionare le paure. Se il cristiano che ha già esperienze positive di relazioni con musulmani desse la mano a chi è ancora diffidente nei confronti dell’islam, non potrebbero tentare insieme di avviare una qualche forma di prudente collaborazione con esponenti musulmani in progetti concreti contro la povertà? È troppo?