07/01/2009
Tante polemiche sta suscitando la preghiera che sabato 3 gennaio un gruppo di islamici ha svolto in piazza Duomo a Milano, al termine di una manifestazione sulla guerra a Gaza. Le cronache parlano di un corteo che doveva interrompersi in piazza san Babila, ma che – violando le indicazioni delle forze dell’ordine – ha invece raggiunto piazza Duomo, dove insieme ad altre manifestazioni (deplorevole il gesto di bruciare le bandiere) – essendo giunto l’orario prescritto – si è tenuta la preghiera.
La preghiera è un bisogno e diritto fondamentale, inalienabile per l’uomo: ogni uomo, appartenente a qualsiasi religione, dovunque, anche a Milano. La preghiera aiuta l’uomo a considerare gli altri uomini come fratelli. Per questo la preghiera – per essere autentica – non può mai essere usata “contro” qualcuno e deve essere praticata – se pubblica – nei luoghi, nei tempi e nelle modalità opportune.
Nella manifestazione di sabato scorso alla preghiera si sono uniti elementi estranei alla religione e alla spiritualità.
Molti hanno interpretato questa preghiera come un affronto alla fede cattolica nel suo luogo più simbolico e alto in città: la piazza del Duomo.
Per questo l’arch. Asfa Mahmoud, Presidente della Casa della cultura islamica di viale Padova – disponibile anche a coinvolgere il dott. Abdel Hamid Shaari del Centro Islamico di viale Jenner – ha chiesto all’Arcivescovo di Milano cardinale Dionigi Tettamanzi un incontro per chiarire quanto è successo sabato scorso e portare le scuse.
Afferma con chiarezza il Concilio Vaticano II nella dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis Humanae: «Si fa ingiuria alla persona umana e allo stesso ordine stabilito da Dio per gli uomini, se si nega all’uomo il libero esercizio della religione nella società, una volta rispettato il giusto ordine pubblico» (n° 3).