Come poche persone del nostro tempo, egli è riuscito a risvegliare nell’uomo d’oggi il brivido del mistero, lo stupore per l’eccezionalità, l’unicità, l’assolutezza della figura di Cristo, il senso delle realtà sovrumane contenute nell’umanissima vita della Chiesa; ma ha fatto tutto questo impiegando le potenzialità, le sfumature, le risorse e anche le sconfitte, le opacità, le ritrosie del linguaggio, della sensibilità, della mentalità, della cultura dell’uomo d’oggi. È stato un credente e un maestro della fede, che ha parlato non solo all’uomo d’oggi, ma da uomo d’oggi. È stata così limpida e matura la sua fede che è riuscita a esprimersi anche nell’età e nella cultura dell’incredulità, della secolarizzazione, dell’uomo maggiorenne, fiero del proprio progresso o disperato per la propria solitudine. Ed è stata così interiore, personalizzata, criticamente sofferta la sua assimilazione della cultura contemporanea, da permettergli di scoprire in essa le nostalgie, le contraddizioni, le brecce segrete, attraverso le quali aprirsi all’annuncio della fede.
Carlo Maria Martini
Prolusione al Colloquio “Paolo VI e la cultura”, Varese 7 aprile 1983