18/06/2008
di Sergio BORSI
Cosa faceva il giovane cronista, all’alba, sull’autostrada Milano-Varese, agli inizi dell’estate del 1963? Con la sua 500, frutto di rinunce e risparmi, andava all’aeroporto di Malpensa per dare la notizia del rientro a Milano dell’Arcivescovo, il cardinale Montini, a conclusione di un lungo viaggio pastorale in Africa, compreso l’incontro con i sacerdoti e i lavoratori della zona di Kariba, dove era in costruzione una gigantesca diga.
Atterrò lentamente il quadrimotore sulla pista di quell’aeroporto, allora usato più per esigenze militari e certamente ignaro di quale sarebbe stato il suo futuro per l’aviazione civile. Fermate le eliche, accostata la scaletta, aperto lo sportellone, ecco il cardinale Montini.
Ma il cronista rimase per un attimo sconcertato: l’Arcivescovo aveva l’abito bianco, il capo coperto dal “saturno” nero bordato di rosso. Scese la scaletta e quando mise i piedi a terra, ecco il cronista porgergli le prime domande e trascrivere le prime impressioni sull’esperienza molto stimolante appena conclusa. Il cronista conserva una foto, in bianco e nero, accanto al Cardinale e a don Pasquale Macchi che reggeva un’enorme zanna di elefante, dono di qualche comunità cristiana di quel continente.
Il cronista, nei suoi anni di gioventù e di apostolato, aveva avuto occasione di incontrare l’Arcivescovo, fin dal giorno del suo arrivo a Milano, sotto la pioggia battente, nel 1954. Nel corso della sua esperienza alle Acli milanesi aveva anche organizzato, sul finire degli anni Cinquanta, la festa del 1° Maggio, con i giovani, proprio come aveva desiderato Montini.
Ma ai piedi dell’aereo iniziò un lungo rapporto professionale con l’Arcivescovo, fatto di scambi di notizie. Il giovane cronista lavorava in quegli anni all’agenzia Ansa. Le tecnologie non erano raffinate e diffuse come quelle di oggi. L’Ansa era la prima a informare sui fatti più clamorosi del giorno nel mondo. Quando la notizia era davvero importante, ecco il cronista dell’agenzia chiamare la Curia di Milano e informare.
Ma al cronista di turno nella notte era affidato un altro compito: riassumere con una telefonata i fatti più significativi accaduti in Italia e nel mondo. Dall’altro capo del telefono l’arcivescovo Montini ascoltava, dettava le pause, chiedeva la lettura dell’intera notizia e non del solo titolo. Così il cronista ha consolidato un rapporto del tutto speciale con il Pastore, che si è concluso nel 1963, a Roma, con un abbraccio e una benedizione. Un’immagine che sta in cima a tutti i ricordi della pur lunga vita del cronista.