17/12/2008
di Luisa BOVE
A pochi giorni da Natale il cardinale Dionigi Tettamanzi scrive una lettera di auguri a tutti gli insegnanti di religione (idr). Quando gira per la diocesi pensa a loro come «inviati della Chiesa», impegnati a fare lezione nelle grandi città, nei paesi e «in qualche piccola scuola sulle nostre montagne o nella bassa padana».
L’Arcivescovo approfitta dell’occasione festiva per ringraziare i «suoi» docenti per «il prezioso servizio educativo che svolgono». Sa di doverli incoraggiare e sostenere nel loro compito (o meglio ancora nella loro «vocazione») e li invita a tenere «sempre viva la loro passione».
Naturalmente gli insegnanti non sono i soli a occuparsi dell’educazione dei ragazzi: la prima responsabilità spetta infatti alla famiglia. Ma «tutti – scrive il cardinale Tettamanzi – siamo invitati a lavorare insieme perché crescano fino a diventare persone mature, veramente libere e responsabili di se stesse e degli altri». L’Arcivescovo insiste sulla «centralità della persona», in questo caso gli studenti, ed è certo che anche la religione cattolica e la cultura religiosa contribuiscono alla loro formazione; per questo «non possiamo relegarle nella sfera del privato».
La religione, infatti, «in quanto cultura, sorgente di tradizioni e ispiratrice di comportamenti che hanno plasmato la convivenza sociale – scrive Tettamanzi nella lettera di Natale -, non può non far parte del patrimonio di civiltà insegnato a scuola». E si chiede: «Se togliessimo alla pedagogia, alla letteratura, alla filosofia, all’arte, alla medicina e a tutti gli altri saperi scolastici il riferimento alla cultura religiosa e, comunque, alla trascendenza della persona, che cosa rimarrebbe?». Non ha dubbi il Pastore della Chiesa di Milano: «Smarriremmo il senso vero della cultura italiana ed europea».
Gli insegnanti di religione, oltre alla grande responsabilità nei confronti degli studenti loro affidati, devono avere un occhio di riguardo anche per i colleghi. A loro l’Arcivescovo non chiede solo un impegno «più convinto e più forte», ma anche di «aiutare i vostri stessi colleghi a non sentirsi soli». E insiste: «Se con voi ogni vostro collega riscoprisse tutta la portata dell’essere anima e guida nell’insegnamento, nella relazione educativa con quel bambino o ragazzo o giovane, non cambierebbe forse il volto della nostra scuola italiana?».
Non basta però che siano solo docenti e dirigenti a collaborare tra loro, ma è necessario che l’impegno educativo coinvolga il maggior numero di agenzie possibili. Per questo il Cardinale suggerisce di creare un’alleanza educativa tra tutte le realtà attente ai giovani: dalla famiglia al territorio, dalla parrocchia alle associazioni, fino alle amministrazioni locali. E senza tanti giri di parole scrive: «Fin quando gli adulti continueranno a delegittimarsi a vicenda, a lamentarsi e a incolparsi gli uni gli altri, non solo non aiuteranno i ragazzi, ma offriranno un’immagine deludente e poco credibile di se stessi».
Più che mai oggi occorre invece trasmettere alle giovani generazioni «quei valori che costituiscono le radici della nostra storia e della nostra cultura». Naturalmente di queste radici il cristianesimo è «la linfa vitale». Per questo occorre aiutare anche chi si definisce «laico» e «non si riconosce in alcun contesto religioso» a «comprendere il bisogno e insieme la fortuna di dare spessore e contenuto alla propria identità, valorizzando le scelte che orientano e danno senso vero e pieno alla vita».
Gli insegnanti di religione non devono infatti dimenticare che l’azione educativa «è un’arte, la più grande, la più delicata: è una partecipazione all’opera paterna ed educatrice di Dio stesso». «Con la vostra professionalità – continua il cardinale Tettamanzi – siate al servizio del diritto di ogni studente nel suo cammino di ricerca e di conoscenza della verità».