17/10/2008
di Stefania CECCHETTI
Come tutti i missionari che ho conosciuto è un gran modesto. Anzi, meglio, uno che sembra vivere un po’ “sopra” le cose. Certo, per chi è abituato a esercitare la professione di medico nei Paesi segnati dalla povertà e dalla sofferenza, un premio alla carriera deve sembrare ben poca cosa. Così Paolo Marelli, medico ambrosiano missionario in Zambia, quasi non sa dire perché sabato prossimo a Brescia dovrà ritirare il Nobel missionario, l’annuale premio conferito dall’associazione “Cuore amico”: «Forse – dice sorridendo – perché è da tanto tempo che sono in Africa: prima 22 anni in Burundi, ora da 11 in Zambia con la diocesi di Milano».
E il premio sembra proprio essere un riconoscimento alla struttura della Diocesi presso cui opera Paolo – il “Mtendere Hospital” di Chirundu, Zambia – dato che insieme a lui verrà premiata Elisa Facelli, quarantasettenne di Cuneo, direttrice sanitaria del nosocomio.
La storia di Paolo inizia negli anni Settanta quando si iscrive a medicina a Milano proprio con l’idea di diventare medico missionario. Nel 1976 parte per il Burundi, per il “servizio civile alternativo al servizio militare”, come all’ora si chiamava. Paolo ci va come “inviato” di una comunità di base di Cantù, la sua città. La sua presenza in Burundi si esplica nella realizzazione costruttiva prima, poi amministrativa e gestionale, di un piccolo ospedale. Negli anni nasce, insieme agli altri membri della comunità, l’idea di creare intorno all’ospedale un centro di sviluppo sociale, «imperniato su tutte quelle attività che potevano portare lavoro, ricchezza e soprattutto fiducia, a una popolazione toccata dalla guerra tribale».
Ed è proprio a causa della guerra tra tribù che Paolo nel 1996 è costretto a lasciare il Paese: «Aiutavo sia gli oppressi che gli oppressori, ho ricevuto minacce pesanti e ho quindi dovuto scappare alla svelta per portare a casa la pelle. Una volta tornato, tra le diverse proposte che mi sono state fatte, ho ricevuto un’offerta molto concreta dall’Ufficio missionario della diocesi: l’ospedale di Chirundu necessitava di un’ottimizzazione. La sfida mi piaceva, la vedevo come una bella possibilità di continuare il mio impegno missionario. Nel 1997 sono partito, ho proposto alla diocesi piano ristrutturazione dell’ospedale che è stato approvato». È così che, da piccolo ospedale rurale, il “Mtendere Hospital” è diventato una struttura moderna ed efficiente, punto di riferimento per la sanità del Paese.
Per Paolo Marelli essere medico in Zambia significa «scegliere di vivere dall’altra parte della barricata, povero tra i poveri. Ho scelto la medicina perché mi sembra che i malati, tra i poveri, siano i più poveri. Èun modo per testimoniare la nostra fede e cercare di vivere cristianesimo secondo quanto il Signore ci chiede». In questo, Paolo sente anche molto il fatto di appartenere a una Chiesa locale: «Anche se la mia vocazione è nata in seno a una comunità di base, che non è espressione di una diocesi particolare, da quando lavoro a Chirundu mi rendo conto di essere espressione della missionarietà della diocesi».