10/10/2008
di Piero PIROVANO
Ottobre, tempo missionario. Avverto così la necessità di comunicare l’esperienza che ho vissuto in Brasile il 24 luglio scorso, visitando una delle tante favelas, quella di Vila Flora a San Paolo-Guarulhos.
Delle favelas avevo sentito parlare più volte, le avevo viste in tv, ma non mi era mai capitato di vederle con i miei occhi, di aggirarmi nei lori vicoli. Desideravo visitarne almeno una prima di ripartire dal Brasile. L’ho fatto accompagnato da padre Berardo Graz, un medico bresciano divenuto sacerdote a San Paolo, che ha iniziato a frequentare Vila Flora nel luglio del 1975. Ho scattato foto a raffica per documentare quanto stavo vedendo con i miei occhi.
Padre Berardo mi ha guidato nel labirinto di vicoli, di passaggi tra una baracca e l’altra. Baracche costruite con rifiuti di legno, lamiera e cartone. Nel tempo alcune baracche sono state “ristrutturate” con pareti in muratura, grazie agli aiuti arrivati dall’Italia e in particolare dalla diocesi di Brescia.
Non ci sono parole per definire l’impressione che ho provato camminando tra quelle baracche. Il termine più adeguato è: orrore. Vila Flora è attraversata da fossi maleodoranti, scarichi industriali, acque gialle, fogne a cielo aperto. «Nessuno se ne occupa», mi ha detto padre Berardo. Non mi tappavo il naso per una sorta di rispetto.
Padre Berardo mi ha raccontato la storia di Vila Flora. Tutto è cominciato nel 1971 con l’insediamento delle prime quattro-cinque famiglie, quando, a causa della siccità, migliaia di persone fuggirono dal Nord Est verso le grandi città alla ricerca di una vita migliore. Ora vi abitano 400 famiglie, circa 2000 persone. A San Paolo (metropoli di 10 milioni e mezzo di abitanti) vivono in queste condizioni disumane circa un milione e mezzo di persone: il 10% della popolazione!
Padre Berardo mi ha spiegato anche le vicissitudini amministrative di Vila Flora. Lui ha collaborato con una associazione costituita tra le famiglie per cercare di migliorarne le condizioni di vita. Il suo leader si opponeva allo spaccio di droga e alla prostituzione, e per questo è stato ucciso.
Camminando in Vila Flora mi chiedevo come fosse possibile l’esistenza di realtà così disumane in Brasile, Paese a maggioranza cattolica. Me l’ha confermato padre Berardo: «Sì, la popolazione di San Paolo per il 50-60% è cattolica».
Allora ho chiesto a lui, già attivissimo pro Vida, di impegnarsi per promuovere con “Solidarietà” (www.solidarieta.biz – www.euro-solidarity.eu), un’azione politica che ponga anche al centro della pubblica amministrazione il diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento e in tutto l’arco del suo sviluppo sino alla morte naturale. Padre Berardo non si tirerà indietro, non solo per contrastare la legalizzazione dell’aborto procurato in Brasile, ma anche per contribuire a trasformare le favelas in quartieri a misura d’uomo.