I giovani hanno conosciuto da vicino la violenza sulle donne. Ad esempio, più del 12% ha assistito direttamente alla violenza psicologica nei confronti di donne appartenenti alle cerchie ristrette dei propri parenti e amici. All’interno di queste cerchie, i giovani intervistati hanno assistito anche alla violenza fisica, sessuale, economica, religiosa e allo stalking nei confronti delle donne che ne fanno parte. Sono in misura maggiore le donne rispetto ai coetanei uomini ad aver assistito a queste esperienze di violenza, fatta eccezione per la violenza religiosa. Chi ha assistito a episodi di violenza nei confronti di queste donne ne ha parlato soprattutto con la mamma (26,7%), con un’amica (25,6%), con un amico (23%), ma anche con la vittima stessa (20,6%). In questo ultimo caso, la prima cosa che viene consigliata è allontanarsi dal carnefice (consigliato dal 35,7% dei rispondenti) e di sporgere denuncia (21,8%), soprattutto dagli uomini (28,6%). Il 20,2% delle donne consiglia di rivolgersi ad un CAV (solo il 9,2% degli uomini consiglia questa opzione).
Sono questi i dati che emergono dall’indagine dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica. La ricerca è stata realizzata da Ipsos per l’Osservatorio Giovani nel mese di ottobre 2024 su un campione nazionale di 2001 giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni sul tema stereotipi di genere, violenza sulle donne e femminicidio. L’indagine si avvale del sostegno di Fondazione Cariplo e delle competenze dei docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Per prevenire la violenza di genere, i giovani ritengono maggiormente importante le seguenti cose nel seguente ordine di importanza: 1. crescere in una famiglia in cui i genitori insegnano ai figli il rispetto per le donne; 2. partecipare a progetti di prevenzione; 3. frequentare associazioni e luoghi di aggregazione in cui si educa al rispetto.
Nella famiglia in cui sono cresciuti/e, ci sono compiti che restano ancora oggi appannaggio soprattutto delle madri. I tre principali compiti che spettano alla madre sono:
- svolgere lavori domestici: il 58% indica la madre; il padre è indicato solo dal 7,1%. I giovani del Sud e Isole indicano la madre per il 62,3%;
- seguire i figli nell’istruzione scolastica: la madre è indicata dal 47,1%, versus il 9, 9% che indica il padre
- seguire i figli nelle attività extrascolastiche: la madre è indicata dal 36,7% versus il 14% che indica il padre
La violenza sulle donne
In generale, la maggior parte dei rispondenti – maschi e femmine – non è per nulla d’accordo con i principali stereotipi sulla violenza sessuale. Soprattutto le donne. Questi stereotipi sono tuttavia ancora presenti tra i giovani, in misura maggiore tra i maschi. Gli stereotipi più diffusi tra i giovani sono “Le donne che non vogliono un rapporto sessuale possono evitarlo” (l’11,6% è “molto d’accordo”, di cui il 15% di maschi e l’8% delle femmine) e “Le donne possono provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire” (l’8,9% è “molto d’accordo”, di cui l’11, 7% dei maschi e il 5,9% delle femmine).
Sono giovani che per il 46,3% vive in una relazione di coppia (il 37,7% i maschi e il 55,9% le femmine), di cui solo il 13% iniziata da meno di un anno, quindi piuttosto longeve. Il 68,3% dei giovani è altresì sicuro di non voler interrompere la relazione affettiva con il/la proprio/a partner. Nella relazione di coppia non ritengono accettabile soprattutto “Vietare al/alla partner di avere un proprio conto corrente” (70,1%) e “Vietare al/alla partner di svolgere una attività remunerata fuori dalla famiglia” (64,5%). Qui emergono evidenti le differenze di genere. I maschi si dichiarano più tolleranti nei confronti del/della partner per quanto riguarda la sfera economica, decisamente meno per quella sentimentale/affettiva.
Stereotipi di genere
I giovani non sono ancora privi e liberi dagli stereotipi di genere. Stereotipi verosimilmente veicolati in primis dalla famiglia e, più in generale, dalla società, che è ancora intrisa di patriarcato. Chiamati a ragionare su una possibile società in cui, ad esempio, le donne, al pari degli uomini, ricoprono ruoli di responsabilità sul lavoro e in cui le ragazze si iscrivono a corsi di studio STEM, i maschi appaiono abbastanza tolleranti ma sicuramente meno possibilisti e più scettici delle femmine. Nonostante ciò, dei segnali di cambiamento si ravvisano. Si rileva infatti che il 50,6% dei giovani è molto d’accordo rispetto a “Non è importante chi sia più presente a casa a crescere i figli, l’importante è che ci sia un buon clima familiare”, di cui il 45,5% dei maschi e il 56% delle femmine. Al contempo dichiara che è molto d’accordo rispetto a “Ogni persona è libera di studiare ciò che preferisce” il 70,3% dei giovani, di cui il 63,2% dei maschi e il 77,8% delle femmine. Ugualmente il 66,9% è molto d’accordo che “Non è importante se a gestire un’azienda sia un uomo o una donna, contano piuttosto le qualità umane e professionali della persona che sta alla guida”, di cui il 58,4% dei maschi e il 76% delle femmine. Tra le giovani intervistate emerge più forte il desiderio di emanciparsi dagli stereotipi di genere, nonostante il contesto italiano, ancora culturalmente fragile e restrittivo, freni diverse di loro. In generale si ravvisa una più diffusa permanenza degli stereotipi di genere tra gli uomini, tra chi ha un titolo di studio più basso e tra chi vive nel Centro Italia o nel Sud/isole.
Il femminicidio di Giulia Cecchettin
Il 45,9% dei rispondenti dichiara di aver seguito approfonditamente la notizia del femminicidio di Giulia Cecchettin: chi l’ha seguita maggiormente sono le donne (55,3%) e chi ha una laurea (51%). Mentre, la maggior parte degli uomini dichiara di averla seguita, ma solo superficialmente (40,5%).
Dopo aver sentito la notizia del femminicidio di Giulia i sentimenti maggiormente provati dai giovani sono stati disgusto (35,9%), rabbia (33,6%) e tristezza (33,4%). Tutti questi sentimenti sono stati provati con maggiore intensità dalle donne. Un altro sentimento indicato dal 21,5% delle donne è la paura.
Quando i giovani sono venuti a conoscenza della notizia, ne hanno parlato con amici/amiche (67,1%), con i genitori (57,2%) e si sono informati da fonti attendibili (52%) (tra questi soprattutto chi ha una laurea, 56,7%, e tra i giovani 18-22,56,7%). In pochi hanno partecipato ad iniziative organizzate da associazioni e movimenti. Tra chi lo ha fatto, sono più gli uomini e chi possiede una laurea.
Caratteristiche della famiglia in cui i giovani sono cresciuti
«Per rilevare le opinioni e le esperienze che i giovani hanno in merito a questioni socialmente importanti come queste, si è partiti con l’indagare innanzitutto il contesto familiare in cui sono cresciuti. La famiglia è il luogo in cui i giovani apprendono dagli adulti di riferimento – in primis i genitori – modelli di comportamento, che riflettono valori e norme – ha spiegato Cristina Pasqualini, docente di Sociologia in Università Cattolica e componente dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo -. Lo sguardo dei giovani sul mondo risente del contesto in cui sono cresciuti, delle esperienze che hanno vissuto, del clima familiare, dei gradi di libertà di cui hanno potuto godere, di come è stata gestita la suddivisione dei compiti in famiglia, della qualità delle relazioni tra i membri del nucleo familiare. Il contesto familiare in cui i giovani intervistati sono cresciuti risulta ambivalente: da un lato aperto e supportivo con i figli, ma ancora “culturalmente arretrato” rispetto all’effettiva parità dei generi, rispetto a una piena condivisione dei carichi familiari»
Patriarcato
Per spiegare fenomeni complessi come la violenza sulle donne e i femminicidi spesso gli esperti chiamano in causo il patriarcato, ovvero il fatto di crescere all’interno di una cultura che riproduce sistematicamente il “dominio” maschile sulle donne, nei diversi ambiti di vita. In generale le donne sono più pessimiste sulla possibilità di eliminare il patriarcato dalla nostra società. Le donne ritengono infine più degli uomini che il patriarcato possa essere sconfitto con l’educazione alla parità di genere (è molto d’accordo il 49,6% delle femmine versus il 33,8% dei maschi).
Nel mese di luglio 2024 ha fatto parecchio discutere anche tra i giovani la notizia del giovane friulano che ha chiesto aiuto a un Centro antiviolenza (Cav) perché sentiva che avrebbe potuto commettere un femminicidio. Rispetto a questa notizia, la maggior parte dei giovani rispondenti ritiene che debbano esistere più servizi di questo tipo per gli uomini e che andrebbero pubblicizzati di più perché poco conosciuti. Inoltre, molti giovani ritengono che questo comportamento di prevenzione messo in atto dal ragazzo vada a conferire valore all’uomo e che questo ragazzo abbia così testimoniato che è possibile uscire dal patriarcato.