Tra le preoccupazioni degli europei in questo periodo di festa spiccano gli argomenti economici: la situazione generale di crisi, il lavoro (che non c’è), il livello dei prezzi, lo stato di salute delle finanze pubbliche nazionali. Non era forse necessario un sondaggio di Eurobarometro per certificarlo, eppure i dati diffusi prima delle festività dall’istituto demoscopico dell’Ue contribuiscono a tener desta l’attenzione sulle priorità indicate dai cittadini.
Come sempre, Eurobarometro nel suo sondaggio semestrale – realizzato in questo caso nello scorso novembre – ha tastato il polso di un amplissimo campione di persone: precisamente 32.731, nei 27 Stati membri dell’Unione e nei Paesi candidati. Ne risulta che i «principali motivi di preoccupazione» dei cittadini europei sono la disoccupazione (48%, due punti percentuali in più rispetto alla rilevazione di primavera), la concreta realtà economica generale (37%, +2), l’inflazione (24%) e il debito pubblico (17%). Per gli europei, le «questioni più urgenti» da fronteggiare sono, ancora, la crisi economica (53%), la disoccupazione (36%) e i conti statali (32%).
Prima del deflagrare della recessione, gli europei ponevano in cima a questa lista i temi della sicurezza e dell’immigrazione (influenzati dall’attentato alle Torri gemelle e dai flussi migratori in arrivo sulle coste e alle frontiere Ue), il cambiamento climatico e, alcuni, l’invecchiamento della popolazione correlata anche alla denatalità. Dal 2008 in poi il panorama è cambiato radicalmente: le famiglie fanno i conti con la mancanza di lavoro, con redditi decrescenti, con le poche opportunità di riuscita nel mondo professionale per i propri figli.
Non mancano, peraltro, significative differenze da un Paese all’altro e, oggi più che mai, il vecchio continente appare segnato da una nuova frontiera – non più tra Est e Ovest, come ai tempi della Cortina di ferro, ma tra Nord e Sud – indicata dai livelli di Prodotto interno lordo, dall’occupazione, dalla solidità dei budget nazionali, dalla tenuta del sistema di welfare. Non a caso in Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia, Austria, Paesi Bassi, i cittadini risultano molto meno preoccupati sui temi economici rispetto a quelli delle nazioni mediterranee, con in testa Grecia e Spagna, e di alcuni Stati orientali dalleperformances deboli, come Bulgaria e Romania.
Anche in Italia l’economia è in testa agli interrogativi che riguardano il presente e il futuro e il 57% degli intervistati ritiene che «il peggio deve ancora venire».
Ma dove cercare delle risposte convincenti? Per l’85% dei cittadini gli Stati Ue dovrebbero cooperare più strettamente fra loro per superare l’impasse. Nell’indicare i soggetti più efficaci per andare oltre queste turbolenze, l’Unione europea raccoglie il 23% delle preferenze (+2% rispetto alla primavera), gli Stati nazionali il 20, seguiti a distanza da G20 e Fondo monetario internazionale. Le persone convinte che l’Unione stia procedendo nella giusta direzione sono il 41% del totale: un dato elevato rispetto agli altri soggetti, ma pur sempre inferiore alla metà del campione.
Al di là dei numeri, si hanno alcune conferme (pur tenendo presente che si tratta di un sondaggio, per quanto curato): in questo momento non c’è nulla di più importante per gli europei dei temi economici, della protezione dei redditi e delle pensioni. Quando il modello sociale europeo viene minacciato come in questa fase, gli altri temi, persino altri valori non meno rilevanti, scendono in classifica. La serenità spesso comincia dal lavoro e dal benessere: una ovvietà, per taluni aspetti, ma anche un atteggiamento figlio di un’Europa fino a ieri ricca in senso assoluto, e tuttora ricca in proporzione ad altre regioni del mondo, dove la precarietà materiale (cibo, acqua, cure mediche, istruzione…) rimane un’emergenza quotidiana.
In tal senso non vanno sottovalutate le diverse percezioni della nostra epoca fra un Paese e l’altro: un cittadino britannico e uno estone, un francese o un cipriota, un portoghese o un belga, pur vivendo nello stesso continente, pur essendo tutti cittadini dell’Ue, affrontano in modo diverso la vita di ogni giorno, e, di conseguenza, giudicano differentemente l’azione politica nazionale e quella europea: lo si comprende a ogni tornata elettorale. Probabilmente lo sanno anche i politici italiani e tedeschi che si stanno preparando per le rispettive elezioni politiche: a febbraio nel Belpaese, a settembre in Germania.
Non va infine sottolineata l’indicazione proveniente da Eurobarometro: le grandi sfide che l’Europa avrà davanti nell’anno che sta per cominciare vanno affrontate unendo le forze. Lo chiedono i cittadini, lo impongono di fatto i mercati, i partner e i competitori mondiali, e forse se ne stanno convincendo i governanti dei Paesi dell’Unione.