La crisi ha raggiunto dimensioni «sistemiche», la situazione è «gravissima», eppure l’Europa ha le potenzialità per far fronte all’emergenza, purché si passi dalle parole ai fatti, in particolare per quanto riguarda il rafforzamento del fondo salva-Stati, la governance condivisa, le azioni per la crescita. Mario Draghi, da poco alla guida della Banca centrale europea, intervenendo il 16 gennaio all’Europarlamento nella sua altra veste di presidente dello Esrb (European Systemic Risk Board), ha messo in guardia i politici Ue: «Bisogna attuare tempestivamente le decisioni che sono state assunte al vertice europeo di dicembre», soprattutto per quanto attiene il fondo per la stabilità finanziaria dell’Eurozona.
Draghi ha insistito sulle misure per il rigore e il controllo dei bilanci nazionali, e più ancora ha premuto l’acceleratore su quelle per «favorire la crescita e l’occupazione», perché «stabilità e crescita devono procedere assieme e sostenersi reciprocamente». Draghi – più volte entrato negli aspetti tecnici delle questioni sollevate dai membri della commissione affari economici del Parlamento di Strasburgo – ha messo in guardia da una sopravvalutazione dei pronunciamenti delle agenzie di rating («non possono essere il nostro unico metro di giudizio»), rimarcando inoltre le ricadute sull’economia reale delle decisioni assunte, e di quelle mancate, a livello nazionale e comunitario.
Nel suo intervento, il presidente del Comitato per il rischio sistemico ha sostanzialmente ricalcato le posizioni assunte lo stesso giorno da Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, e da Mario Monti, premier italiano, che si sono incontrati a Roma. Anche in questo caso le preoccupazioni per il debito sovrano e la stabilità dell’euro si sono accompagnate al binomio rigore-crescita; e, sullo sfondo, è affiorato il tema della governance insufficiente per far fronte, insieme, a sfide di portata globale.
I prossimi giorni saranno determinanti per verificare la capacità di risposta dell’Europa, e la prima “cartina al tornasole” è legata alla definizione del “patto di bilancio” deciso a dicembre da 26 Paesi dell’Unione (il Regno Unito si è autoescluso), il quale passa questa settimana al vaglio del Parlamento europeo, la prossima settimana approderà all’Eurogruppo per poi giungere al centro delle trattative del Consiglio europeo del 30 gennaio.
Ancora 15 giorni di passione per l’Eurozona e, soprattutto, per le sorti di tante imprese, banche, lavoratori, famiglie e consumatori che da dieci anni hanno in tasca l’euro.