«Faremo sentire la nostra vicinanza a comunità già provate dalla dura realtà della guerra, dell’esilio, della povertà. Invitiamo anche i cittadini e i fedeli della diocesi a manifestare la loro fraterna solidarietà». Così Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, si era espresso, appellandosi alla generosità di milanesi e lombardi, subito dopo la notizia del terribile terremoto che lunedì 6 febbraio ha sconvolto intere regioni di Turchia e Siria.
Mobilitazione immediata
La promessa di una mobilitazione solidale è divenuta realtà nei giorni successivi, mettendo a frutto i collaudati schemi di collaborazione che si attivano nella rete internazionale Caritas in occasione di grandi catastrofi umanitarie. Le Caritas nazionali dei due Paesi hanno vivaci presenze nelle regioni terremotate, nonostante la condizione di minoranza (spesso, di piccola minoranza) sperimentata dalle comunità cristiane. Subito hanno cominciato a distribuire cibo, acqua, coperte e materassi agli sfollati, letteralmente svuotando i propri magazzini, e subito si sono messe all’opera per pianificare interventi più organici già nella fase di emergenza, cui seguiranno azioni di soccorso, aiuto a soggetti vulnerabili e ricostruzione, che si protrarranno nei mesi e negli anni.
La colletta Cei e la raccolta Caritas
Al lavoro dei religiosi, degli operatori e dei volontari presenti in Turchia e Siria si è aggiunto il supporto, in varie forme, del network Caritas Internationalis, e in esso delle Caritas italiane. Nel nostro Paese, la Cei ha indetto una colletta nazionale, da tenersi in tutte le chiese domenica 26 marzo; nell’attesa, per gli aiuti immediati ha stanziato 500 mila euro, messi nelle disponibilità di Caritas Italiana. Nella diocesi ambrosiana, all’accorato messaggio dell’arcivescovo Mario Delpini (leggi qui) ha fatto eco, da parte di Caritas, l’avvio di una raccolta fondi, inaugurata con 20 mila euro destinati dallo stesso organismo pastorale (leggi qui).
In Turchia
Sul terreno, lo sviluppo degli aiuti risente dei diversi contesti (politici, militari, sociali, religiosi) che caratterizzano i due Paesi. In Turchia ogni azione d’aiuto deve coordinarsi con il sistema pubblico, in particolare la Protezione civile nazionale (Afad); in accordo con la Nunziatura apostolica, Caritas Turchia ha cominciato a farlo, anche grazie al supporto di due operatori inviati da Caritas Italiana, che si sono aggiunti alla presenza di una collega italiana inserita da tempo nell’organico della Caritas della diocesi d’Anatolia (una delle tre del Paese). «Il dramma è così grande che è difficile da spiegare, e soprattutto da affrontare – ha riferito Giulia Longo in una testimonianza –. Abbiamo allestito un team che gestisce l’emergenza e cerca di individuare le strade migliori per portare nuovi aiuti. Siamo riusciti a far arrivare nel centro di Iskenderun tre camion con beni essenziali. C’è una grande necessità di acqua pulita, generatori di elettricità, gas. Ci stiamo adoperando per farli arrivare».
La zona di Iskenderun, dove si concentra la presenza cattolica, ma dove è crollata la Cattedrale, è povera e caratterizzata dall’arrivo, nell’ultimo decennio, di decine di migliaia di rifugiati siriani, in fuga dalla guerra che ha devastato il loro Paese; la nuova tragedia impone di coordinare al meglio gli aiuti e sconsiglia iniziative che non transitino attraverso soggetti in contatto con le autorità pubbliche.
In Siria
In Siria, Paese di antica tradizione cristiana, Caritas è invece attiva nei territori di Aleppo, Lattakia e Hama, grazie a 295 operatori e volontari che distribuiscono aiuti di emergenza. E rilevano i bisogni delle tantissime persone ricoverate in rifugi improvvisati, poco sicuri, senza servizi igienici, privi di beni primari, allestiti in scuole, chiese, moschee, palestre, campi spontanei. Particolarmente grave viene segnalata la situazione degli anziani, vulnerabili al freddo e ai disagi dei centri di accoglienza.
Una delle tante fiammelle di speranza, in questo panorama fosco, è stata accesa da un gruppo di 15 giovani volontari di Caritas Libano, Paese storicamente in conflitto con la Siria, formati grazie al progetto Yep – Youth engaged in peacebuilding voluto da Caritas Italiana: sono partiti da Beirut alla volta di Lattakia per affiancare Caritas Siria negli aiuti. Nel dolore, ci si riscopre fratelli.