Il 2024 è un anno molto importante a livello internazionale: si celebreranno infatti le elezioni europee e quelle americane, con conseguenze significative che impatteranno sulla vita di milioni di cittadini.
Il conflitto russo ucraino alle porte dell’Unione Europea e quello in Medio Oriente ci costringono a fare i conti con uno scenario internazionale in trasformazione nel quale emerge l’aggressività di potenze regionali, che intendono aumentare la propria sfera di influenza, sempre più aspro e diretto. Come porremo uno stop al conflitto russo-ucraino e a quello israelo-palestinese determinerà buona parte delle modalità di relazioni internazionali nel prossimo futuro. Ai cittadini europei il prossimo 8 e 9 giugno è chiesto di scegliere quale ruolo desiderino che l’Europa ricopra. Pare ormai non più rinviabile il rilancio del processo di maggiore integrazione europea. Solo una Unione Europea più forte e coesa può consentirci di giocare un ruolo ancora importante sullo scenario internazionale globale, così come nel governo delle importanti transizioni a una economia ambientalmente sostenibile e digitale. Un’Europa soggetto politico, in grado di confrontarsi con i grandi player mondiali, siano essi Stati o grandi corporation del settore tecnologico o energetico.
La seconda scelta che saremo chiamati a compiere è quella che riguarda l’atteggiamento che una Europa più coesa deve tenere nello scenario internazionale. Abbiamo bisogno che l’Europa ritrovi se stessa, il sogno originario di Pace, fondato sulla centralità dei diritti e delle libertà personali. Un progetto di società libera, capace di mettere al centro il benessere delle persone, che insieme alla costruzione di una economia di mercato ha saputo realizzare un importante sistema di protezione sociale, in grado di garantire una maggiore redistribuzione della ricchezza prodotta e una migliore qualità di vita a milioni di cittadini. Un progetto politico che ha saputo garantire ai suoi membri 80 anni di assenza di conflitti armati.
L’Europa è nata dal coraggio dei nostri padri fondatori che all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale avevano negli occhi e nel cuore la tragedia del secondo conflitto mondiale: uomini e donne che si sono domandati come uscire dalla dinamica del conflitto, che aumenta la distanza tra vincitori e vinti e diventa terreno fertile per il sentimento di rivalsa e di nuovi conflitti armati. I padri fondatori individuarono nella condivisione e nella garanzia all’accesso alle risorse strategiche, necessarie a sostenere lo sviluppo economico delle Nazioni aderenti, il principio capace di modificare profondamente le relazioni tra gli Stati. Non più la ricerca della supremazia per difendere un interesse nazionale, ma un patto che garantisce a tutti gli aderenti l’accesso ai beni strategici, ne sostiene lo sviluppo e pone le basi di ulteriori cooperazioni.
Un progetto politico istituzionale unico nel mondo, di enorme fascino e attrattiva. Un processo avviato dai 6 Paesi fondatori che oggi conta 27 membri. Un progetto alternativo alla logica di sopraffazione perché in divenire, aperto e inclusivo.
In questi ultimi anni l’Unione Europea ha saputo affrontare con coraggio e creatività alcune grandi sfide (l’approvvigionamento condiviso dei vaccini durante la pandemia, l’attivazione di investimenti comuni con il programma SURE e The Next Generation EU), trasformando elementi di preoccupazione e potenziale contrasto tra gli Stati in una maggiore capacità ed efficacia nella risposta. Di fronte ad altre sfide invece, come quella della crisi economica del 2008 o oggi la gestione dei flussi migratori, sembra ancora prevalere la difesa dell’interesse del singolo Stato.
L’8 ed il 9 giugno saremo chiamati a scegliere se rilanciare un modello di società e di sistema politico inclusivo, oppure un modello di unione capace di far fronte comune solo nella difesa dall’altro, dal resto del mondo. Come Acli auspichiamo che i cittadini europei ancora una volta chiedano all’Europa di esercitare maggiore responsabilità, riscoprendo il fascino e la forza attrattiva di un modello inclusivo di cooperazione ed integrazione, un modello di società libera e solidale.