Mi piacerebbe raccontare un aneddoto di cui sono stata involontariamente protagonista. Qualche settimana fa ero tra i relatori di un convegno dedicato alla presentazione in Università Cattolica del Sacro Cuore di un importante documento europeo sul FinTech. Uno dei relatori, con una certa sorpresa, si è detto contento per il fatto che allo stesso tavolo fosse seduto un numero equo di uomini e donne, esclamando: «It’s not a manel!» (panel in cui sono seduti solo uomini, ndr). Un segno, insomma, che finalmente il mondo della finanza sta cambiando. Sono sempre più le donne che se ne occupano rivestendo anche ruoli di primo piano.
La mia esperienza mi ha portato – con impegno quotidiano silenzioso e operoso, come si trovano a fare ogni giorno molte donne – alla guida della Facoltà di Scienze bancarie finanziarie e assicurative, per tradizione costituita in larga parte da un corpo docente maschile. Nonostante ciò posso dire di non aver incontrato alcun ostacolo. Anzi, posso dire di aver sperimentato in ogni situazione e decisione un grande sostegno da parte dei miei colleghi, anche quando ho proposto di introdurre innovazioni.
Credo che una delle principali caratteristiche femminili sia di affrontare le decisioni con dosi di coraggio e pragmatismo che, se accompagnate alle giuste competenze, possono dare un contributo significativo al cambiamento sociale. Altro aspetto che vivo nella mia esperienza di preside e docente riguarda il modo in cui gestire le relazioni umane, in particolare con gli studenti: il tratto dell’ascolto e della capacità di valorizzare i talenti di ciascuno credo siano propri delle donne.
Tutti questi aspetti che ci caratterizzano dovrebbero però essere messi a frutto nei processi decisionali in maniera sempre più estesa e convinta da parte delle donne stesse, nonché favoriti dal sostegno di intelligenti politiche pubbliche. Mi spiego: in alcune circostanze vi è ancora una certa timidezza da parte delle donne a esprimere le loro capacità in contesti meno consueti, non mettendo in risalto quelle doti di coraggio e pragmatismo di cui sono portatrici. Dal mio punto di vista questo impegno nei processi decisionali non deve semplicemente concretizzarsi nell’occupare spazi, come potrebbe indurre invece in errore la logica di alcune recenti regolamentazioni in materia, quanto piuttosto dare un effettivo contributo di competenze e “stile femminile”.
In questa logica fa ben sperare un’iniziativa di cui qualche anno fa ho favorito la nascita in Università Cattolica: una associazione tutta al femminile dedicata alla finanza. Si tratta della Women in Business and Finance, composta da laureande in ambito economico-finanziario che collaborano per la realizzazione di eventi e momenti di incontro. L’obiettivo è cercare di portare il loro punto di vista su argomenti economici generalmente meno frequentati dalle donne. Interessante è anche la loro finalità di creare un network che già dalle aule universitarie intende lavorare per valorizzare il contributo femminile al mondo dell’impresa, dell’economia e della finanza. Questa associazione rappresenta un buon esempio da replicare in altre circostanze, perché espressione di quello spirito collaborativo che dovrebbe trovare ulteriore alimento tra le donne, che a volte invece faticano a lavorare insieme.
Cosa fare per favorire questa maggiore presenza femminile nel mondo professionale? Senza dubbio impegno e fatica per formare solide competenze sono imprescindibili, ma anche la volontà di aprirsi al mondo, maturando esperienze a livello internazionale, per affrontare in maniera più tonda determinati ruoli di responsabilità. Nello stesso tempo non bisogna mai abbandonare quella dote tipica del saper mediare – che altro non è se non l’ascolto meditato dell’altro – molto importante in ambiti complessi al fine di trovare un equilibrio tra posizioni diverse.