Un sistema economico che per sostenersi incentiva l’indebitamento, come testimonia la tendenza in continua crescita per il credito al consumo (quasi il +150% dal 2016 ad oggi). Ma allo stesso tempo sempre più situazioni debitorie e sempre più persone, tra famiglie e piccole imprese, che rischiano di uscire dal circuito creditizio, non avendo più i requisiti per essere «bancabili». La Camera di Commercio, la Fondazione Welfare Ambrosiano e la Rete italiana di microfinanza e inclusione finanziaria (RITMI), hanno fatto il punto in un convegno a Milano, proprio mentre è al via una «Rete ambrosiana» per rispondere alle situazioni di sovraindebitamento.
Una rete costituita soprattutto da chi, nel privato sociale, già da anni accompagna sul territorio nei percorsi possibili per l’esdebitazione: tra gli attori anche la Fondazione San Bernardino di Caritas ambrosiana e le Acli milanesi; oltre alla Fondazione Welfare Ambrosiano, la Camera arbitrale della Camera di commercio milanese, il Movimento consumatori e Adiconsum, la Fondazione Lombarda antiusura e la Fondazione ATM. Soggetti diversi che mettono insieme le forze, non solo per intercettare sempre più le situazioni di bisogno, ma anche per fare leva su istituzioni e soprattutto operatori del credito. Perché, anche se l’Italia ha una legge sul sovraindebitamento dal 2012, l’utilizzo di questi strumenti è ancora troppo esiguo rispetto al bisogno, che in gran parte non emerge.
Si stimano in 5 milioni le famiglie e le piccole imprese in una condizione di indebitamento patologico; di queste il 16% è in Lombardia. Dal 2017 ad oggi la Camera arbitrale di Milano (a cui afferiscono quasi tutte le province lombarde) ha gestito 1582 richieste di aiuto presentate da cittadini e imprese eccessivamente indebitati, con domande che sono aumentate del 2,4% in questo ultimo anno (crescono quelle dei privati, diminuiscono le imprese). Ma i numeri sono ancora piccoli rispetto alle situazioni di Francia e Germania, dove ogni anno vengono gestite circa 100.000 procedure di uscita dal debito.
Chi opera nel settore denuncia infatti la necessità di una vera e propria questione culturale, in cui chi è indebitato viene considerato alla stregua di un fallito, e in cui, nel procedimento giudiziario, le ragioni del credito sono preminenti rispetto alla dignità della persona (sono ancora rari, ad esempio, i casi di cartolarizzazione sociale, per cui un debitore, ad esempio, può continuare a vivere nella propria abitazione, senza esserne espropriato).
La neonata rete di operatori ambrosiani punta invece a restituire centralità alla persona anche in queste situazioni. Perché, come ha ricordato la presidente delle Acli milanesi Delfina Colombo riprendendo le parole di papa Francesco, «il welfare non sia un costo ma un’infrastruttura dello sviluppo». Mentre Luciano Gualzetti, presidente di Caritas ambrosiana e di Fondazione San Bernardino ha ricordato come la Fondazione stessa, voluta dal cardinale Tettamanzi, sia attiva già nel 2004 per offrire supporto a chi è in difficoltà per una particolare situazione debitoria. «La raccomandazione di Tettamanzi era che ci impegnassimo nella formazione su un utilizzo consapevole del denaro», ha ricordato Gualzetti, sottolineando come già prima della crisi finanziaria del 2008 l’osservatorio della Fondazione portasse a scorgere i segni di «un sistema disfunzionale nel rapporto con le banche e con gli strumenti del debito e del consumo, di fatto creando vittime, ovvero persone che, una volta entrate in una situazione debitoria, non avevano gli strumenti per uscirne».
Gualzetti ha dunque sottolineato nuovamente l’approccio della Fondazione San Bernardino nei percorsi tanto di educazione finanziaria quanto di rientro dal debito, secondo i cardini di «sobrietà, solidarietà e legalità», perché appunto il debito va ripagato, sottolinea il presidente di Caritas, evitando anche il rischio di cadere nella trappola dell’usura.
Si pone dunque un’esigenza di ascolto dei territori per riuscire a intercettare sempre più le situazioni di maggior bisogno, accompagnando le persone secondo un processo di trasparenza, come ha sottolineato il vicedirettore della Camera arbitrale di Milano Rinaldo Sali: «Il 90% delle istanze di rientro dal debito che presentiamo viene omologato positivamente dal tribunale, proprio perché abbiamo presentato in modo trasparente la situazione del debitore».
«Come Fondazione mettiamo a disposizione la nostra rete, capace anche di coinvolgere i tanti Centri di ascolto Caritas», ha rilanciato Gualzetti. Al contempo la Rete nata insieme agli altri enti ambrosiani lavora sulla formazione degli operatori e su altri strumenti di sistema indispensabili, come la costituzione di un fondo di garanzia e il coinvolgimento, in prospettiva, degli stessi operatori finanziari che figurano, ora, solamente dalla parte dei creditori. Perché, hanno sottolineato tutti i soggetti coinvolti, il rientro dal debito non è, in ultima istanza, solo una questione che tocca la singola persona. Un percorso positivo di uscita dal debito consente la ripartenza del singolo, avvantaggia gli stessi creditori ed evita di affrontare ulteriori spese sociali. Contribuendo dunque alla coesione dell’intera collettività.