La crisi dà delle lezioni che bisogna essere in grado di ascoltare. Il suo perdurare, purtroppo, conferma che queste lezioni sono ancora tutte da “imparare”. Una riflessione sul fallimento del modello neoliberista e sulle sue cause tarda a produrre quel cambiamento radicale di politica economica che la situazione attuale esige. Attualmente siamo ancora lontani dalla costruzione di una nuova e robusta tavola di valori condivisi con cui sostenere un progetto realmente riformista.
Di questo tratta Le lezioni della crisi. Agenda per una nuova politica economica, l’ultimo libro dell’economista Alberto Berrini (Editrice Monti, pp. 128, 9 euro). Il libro indica come “riformismo” la capacità di imparare le lezioni della crisi e si pone il principale obiettivo di cominciare a delineare i capisaldi di una “nuova politica economica”. Da contrapporre innanzitutto alla cosiddetta “austerità espansiva”, ossia a un modello di politica economica i cui fondamenti teorici ribadiscono, contro ogni evidenza empirica che la crisi europea manifesta quotidianamente, il paradigma liberista.
La proposta di una “nuova politica economica” poggia invece sul concetto di “keynesismo strutturale”. In breve, si tratta di intervenire non solo sul lato della domanda (attraverso politiche fiscali redistributive), ma anche su quello dell’offerta del sistema economico. L’obiettivo è quello di perseguire il bene comune di una società attraverso quegli investimenti di medio lungo-periodo, pubblici e privati, che ne determinano il modello di sviluppo. Al fine di uscire da questa crisi in modo socialmente e ambientalmente sostenibile, bisogna ripensare radicalmente il modelloeconomico che abbiamo di fronte. Serve niente di meno che un “mutamento fondamentale” del modello capitalistico.