«Un crimine che genera profonde ferite di dolore e di impotenza, anzitutto nelle vittime, ma anche nei loro familiari e nell’intera comunità, siano credenti o non credenti». Nella sua Lettera al Popolo di Dio, papa Francesco definisce in questi termini gli «abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate». Con riferimento al rapporto di oltre 1.300 pagine sugli abusi compiuti in sei delle otto diocesi della Pennsylvania, pubblicato nei giorni scorsi, il Pontefice afferma: «Guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato. Guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio per essere coperte e perpetuarsi. Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore, perciò urge ribadire ancora una volta il nostro impegno per garantire la protezione dei minori e degli adulti in situazione di vulnerabilità». «Le ferite – prosegue Francesco – non spariscono mai e ci obbligano a condannare con forza queste atrocità, come pure a concentrare gli sforzi per sradicare questa cultura di morte; le ferite “non vanno mai prescritte”».
«Ogni battezzato si senta coinvolto»
«Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli», scrive papa Francesco. Facendo sue le parole sulla sporcizia nella Chiesa dell’allora cardinale Ratzinger durante la Via Crucis del Venerdì Santo 2005, il Pontefice sostiene che «tutte le membra soffrono insieme. La dimensione e la grandezza degli avvenimenti esige di farsi carico di questo fatto in maniera globale e comunitaria». Dalle omissioni del passato alla solidarietà di oggi «intesa nel suo significato più profondo ed esigente»: questa la strada indicata da Francesco. Una solidarietà che chiede di «denunciare tutto ciò che possa mettere in pericolo l’integrità di qualsiasi persona». Prendendo atto dello sforzo e del lavoro «in diverse parti del mondo per garantire e realizzare le mediazioni necessarie, che diano sicurezza e proteggano l’integrità dei bambini e degli adulti in stato di vulnerabilità», il Papa plaude alla diffusione della “tolleranza zero”. «Abbiamo tardato ad applicare queste azioni e sanzioni così necessarie – riconosce, ma si dice «fiducioso che esse aiuteranno a garantire una maggiore cultura della protezione nel presente e nel futuro». Unitamente a questi sforzi, afferma Francesco, «è necessario che ciascun battezzato si senta coinvolto nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui tanto abbiamo bisogno. Tale trasformazione esige la conversione personale e comunitaria».
«Penitenza, preghiera e digiuno»
«Invito tutto il santo Popolo fedele di Dio all’esercizio penitenziale della preghiera e del digiuno secondo il comando del Signore, che risveglia la nostra coscienza, la nostra solidarietà e il nostro impegno per una cultura della protezione e del “mai più” verso ogni tipo e forma di abuso. È impossibile immaginare una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio», scrive il Papa nella parte conclusiva della lettera. Netto il “no” del Pontefice al clericalismo che «genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo». «Dire no all’abuso – spiega – significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo». Secondo Francesco, «l’unico modo che abbiamo per rispondere a questo male che si è preso tante vite è viverlo come un compito che ci coinvolge e ci riguarda tutti come Popolo di Dio» perché tutto ciò che si fa «per sradicare la cultura dell’abuso dalle nostre comunità senza una partecipazione attiva di tutti i membri della Chiesa non riuscirà a generare le dinamiche necessarie per una sana ed effettiva trasformazione».
«E’ imprescindibile – prosegue – che come Chiesa possiamo riconoscere e condannare con dolore e vergogna le atrocità commesse da persone consacrate, chierici, e anche da tutti coloro che avevano la missione di vigilare e proteggere i più vulnerabili. Chiediamo perdono per i peccati propri e altrui». L’auspicio, infine, che digiuno e preghiera «aprano le nostre orecchie al dolore silenzioso dei bambini, dei giovani e dei disabili. Digiuno che ci procuri fame e sete di giustizia e ci spinga a camminare nella verità appoggiando tutte le mediazioni giudiziarie che siano necessarie». Digiuno che «ci porti a impegnarci nella verità e nella carità con tutti gli uomini di buona volontà e con la società in generale per lottare contro qualsiasi tipo di abuso sessuale, di potere e di coscienza».