Una storia che pochi, al di fuori del mondo scout, conoscono, ma che in realtà è una storia italiana. È la vicenda di Oscar, anagramma di «Organizzazione scout (poi modificata in soccorso) collocamento assistenza ricercati», sulla quale esce ora un volume prezioso: Oscar. Storie di una resistenza disarmata 1943-1945, scritto a quattro mani da due storici, Carla Bianchi Iacono e Stefano Bodini, e pubblicato nella collana «Edificare» dell’Ente Educativo Mons. Andrea Ghetti – Baden di Milano da Tipiscout Edizioni, casa editrice che di recente si è dedicata alla pubblicazione di testi di approfondimento sul metodo e sulla storia dello scoutismo.
Oscar era una delle tante organizzazioni di salvataggio attive a Milano nell’epoca della Resistenza, ma che ha un significato speciale per chi bazzica il mondo scout e quello cattolico. A darle vita furono infatti tre sacerdoti ambrosiani, don Andrea Ghetti, don Enrico Bigatti e don Aurelio Giussani. Il cuore e l’anima dell’impresa era però senza dubbio don Ghetti, ed è proprio grazie a lui, tra i fondatori anche del movimento clandestino scout della Aquile randagie con il nome di battaglia «Baden», che la storia di Oscar e quella degli scout sono profondamente intrecciate.
Come tutte le organizzazioni fuorilegge all’epoca del Fascismo e poi della Resistenza, sappiamo di Oscar soprattutto dalle memorie orali di chi ne fece parte, in primis uno dei protagonisti, don Giovanni Barbareschi, scomparso nel 2018. Una frammentarietà aggravata dal fatto che per mettere in salvo i ricercati – ebrei, disertori della repubblica di Salò, prigionieri di guerra – veniva chiesta la collaborazione di volontari che però spesso erano coinvolti per portare a termine solo un pezzo dell’impresa, e questo per ragioni di segretezza e sicurezza.
A partire dalla ricchissima raccolta di testimonianze compiuta negli anni scorsi da Vittorio Cagnoni, amico e primo biografo di don Ghetti, Bianchi Iacono e Bodini hanno condotto una ricerca storica approfondita per individuare fonti storicamente attendibili e contestualizzarle nella più ampia storia della Resistenza lombarda. Nel libro, infatti, alle pagine che raccontano degli avventurosi salvataggi sul confine lombardo-svizzero compiuti da Oscar, si alternano pagine stampate su fondo grigio sulla «storia grande», quella dell’Italia e del mondo che stava tribolando per uscire dalla guerra.
«Quella di Oscar fu un’esperienza complessa e frammentata. Il libro presenta una serie di episodi, la difficoltà è stata ricostruire il quadro generale. Un filo rosso che ci ha guidato è l’esperienza del giornale clandestino Il Ribelle», spiega Stefano Bodini.
Il collegamento tra l’esperienza di Oscar e Il Ribelle era Carlo Bianchi, imprenditore milanese, grande amico di Ghetti, cattolico impegnato, presidente della Fuci e fondatore di quella istituzione caritativa sollecitata dal cardinal Schuster nota con il nome di «Carità dell’arcivescovo». Bianchi fu catturato a causa di un delatore e morì martire nel campo di concentramento di Fossoli senza conoscere la sua figlia minore, Carla, che sarebbe nata poco dopo. Carla ha dedicato una vita a studiare l’operato del padre e degli altri 66 caduti nell’eccidio di Fossoli, la Resistenza e il ruolo in essa avuto dai cattolici e oggi co-firma questo importante lavoro su Oscar: «È stato pagato un prezzo molto caro per la libertà, la democrazia e la giustizia del nostro Paese – spiega -. Nel nord Italia la situazione dopo l’armistizio era terribile. A Milano si contavano i morti ammazzati per strada ogni giorno e le rappresaglie erano immediate e feroci, tanto da indurre il cardinal Schuster a scrivere una lettera al comando nazista perché lo scempio terminasse».
Uno scempio che i protagonisti di Oscar, appartenenti al mondo cattolico, non potevano tollerare: «Nel caos in cui era piombata l’Italia dopo l’8 settembre – spiega Bodini – la Chiesa era rimasta uno dei pochi tessuti sociali a cui riferirsi. I ricercati si rivolgevano ai preti per essere messi in salvo. E il cardinal Schuster affermò apertamente che bisogna stare vicino ai bisognosi, implicitamente appoggiando l’opera di aiuto a queste persone».
Naturalmente fu un sostegno non violento, che mirava a salvare vite contro la distruzione imperante. «Senza la resistenza disarmata di Oscar ci sarebbero stati molti più morti – afferma Carla Bianchi Iacono -. Perché questo sacrificio non sia stato vano, abbiamo il dovere della memoria. Dobbiamo ancora conoscere a fondo quanto è avvenuto e farlo conoscere ai nostri figli e nipoti, perché possano costruire un futuro migliore a partire da quel sacrificio. Ma la memoria deve essere documentata. Il nostro libro è un piccolo contributo, anche se la ricerca delle fonti e della verità storica è per sua natura sempre incompleta, non finisce mai».