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Intervista

Don Andrea Ciucci: «Non possiamo ignorare strumenti che stanno disegnando il nostro futuro»

Lo afferma il coordinatore della Pontificia Accademia per la vita, sacerdote della Diocesi di Milano, commentando la nota vaticana sull’Intelligenza Artificiale, che evidenzia la necessità di un uso etico e responsabile della tecnologia, promuovendo il bene comune e la dignità umana

di Riccardo BenottiAgensir

28 Gennaio 2025
Don Andrea Ciucci

«L’intelligenza artificiale ci interpella perché tocca la vita delle persone, i legami sociali e disegna il futuro». Così don Andrea Ciucci, coordinatore della Pontificia Accademia per la vita e segretario generale della Fondazione vaticana RenAIssance, riflette sulla Nota Antiqua et nova (leggila qui) del Dicastero per la dottrina della fede e del Dicastero per la cultura e l’educazione, che approfondisce il rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana: «È un invito a servire l’umanità con umiltà e coraggio, per costruire un domani a misura d’uomo».

Uno degli obiettivi centrali della nota è riflettere sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana.

La questione nasce dalle parole che usiamo. Avendo definito una tecnologia “intelligenza”, il confronto con l’intelligenza umana è inevitabile. Tuttavia, come sottolinea la nota, questo parallelismo è, per certi versi, inadeguato, anzi è un debito concettuale. Dico sempre che abbiamo sbagliato parola fin dall’inizio. La gente si chiede: “Se è intelligente, allora è come me o diverso da me?”. La nota, e questa è una delle cose più belle, offre una visione straordinaria dell’intelligenza umana. Ci ricorda quanto sia meravigliosa la nostra capacità di stare al mondo e agire.

Ci sono alcune caratteristiche che differenziano l’intelligenza umana da quella artificiale?

Due aspetti sono particolarmente decisivi. Il primo è la corporeità: l’intelligenza umana è incarnata. Non esiste una mente senza un corpo e un cervello. Viviamo e pensiamo nel nostro corpo, a differenza dei sistemi digitali che, per quanto avanzati, rimangono separati da questa dimensione. Il secondo tratto è la relazionalità: l’intelligenza umana nasce, cresce e si sviluppa nelle relazioni. Questo aspetto, come sottolinea la nota, ha implicazioni importanti, in quanto ci richiama alla responsabilità verso il bene comune e la casa comune.

Negli ultimi anni, l’interesse della Chiesa verso l’intelligenza artificiale è cresciuto. Perché?

La Chiesa si interessa di questa tecnologia perché ha un impatto profondo sulla vita delle persone e sulle relazioni sociali. Come comunità cristiana, non possiamo ignorare strumenti che stanno disegnando il futuro prossimo. Non c’è preclusione verso l’intelligenza artificiale: ci interroghiamo con sano realismo, senza apocalittismi né irenismi, per capire come promuovere un uso etico e responsabile di queste tecnologie.

La nota affronta anche le implicazioni etiche dell’uso dell’intelligenza artificiale, nei diversi ambiti della vita.

La nota offre una panoramica articolata, evidenziando i rischi e i benefici delle tecnologie dell’intelligenza artificiale. Tra i rischi, si citano gli effetti sociali, ecologici e la mancanza di accountability. Tuttavia, viene anche mostrato quanto di positivo si possa fare, ad esempio, in ambito sanitario, educativo e per la sicurezza. È un equilibrio delicato, ma la responsabilità deve essere sempre al centro.

La corsa all’intelligenza artificiale è uno dei motori geopolitici?

C’è un’illusione diffusa che la tecnologia possa risolvere tutti i problemi. Questo genera logiche di competizione tra nazioni e attori globali. L’intelligenza artificiale, essendo globale e veloce, dimostra però l’inadeguatezza di approcci nazionalistici. Non possiamo affrontare un fenomeno di portata mondiale con logiche del tipo “me first”. È necessario un dialogo a livello globale, anche se oggi le grandi istituzioni multilaterali, come le Nazioni Unite, vivono una crisi profonda.

C’è il rischio di creare disuguaglianze nell’accesso a queste tecnologie?

Non è solo un rischio, è già una realtà. Tecnologie che promettevano più giustizia e libertà stanno spesso aumentando le disuguaglianze. Dobbiamo vigilare affinché non diventino strumenti di esclusione, ma opportunità per promuovere dignità e uguaglianza.

La nota si chiude con una citazione di Giovanni Paolo II che richiama la questione essenziale: “Se l’uomo, come uomo, nel contesto di questo progresso, diventi veramente migliore, cioè più maturo spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperto agli altri, in particolare verso i più bisognosi e più deboli, più disponibile a dare e portare aiuto a tutti”.

Questa citazione riporta al centro la domanda fondamentale: il progresso tecnologico rende davvero l’umanità più umana? La nota vaticana non è un semplice invito a essere “più buoni”, ma un appello a un’azione seria e concreta. Come credenti, siamo chiamati a servire l’umanità con umiltà e coraggio, contribuendo al dialogo nei campi scientifico, politico e giuridico. Il nostro compito è abitare questi luoghi con responsabilità, al servizio del bene comune.