Papa Francesco «prega per le vittime e per il Paese, dolorosamente colpiti in un momento di festa, e affida entrambi al Signore, perché invii il Suo Spirito a consolarli». Questa la nota del Vaticano dopo la domenica di sangue in Nigeria, dove un attacco alla chiesa cattolica di San Francesco a Owo, nello Stato di Ondo, nel sud ovest del Paese, durante la celebrazione della Pentecoste, ha provocato decine di morti e feriti, tra i quali donne e bambini. Il bilancio ufficiale per ora parla di 21 vittime.
Il movente potrebbe essere legato alle tensioni interetniche e interreligiose fra popolazioni locali e i pastori nomadi islamici Fulani. L’Ondo, uno dei 36 Stati che compongono la Nigeria, è relativamente lontano dal nord in cui da 12 anni colpiscono gli estremisti islamici di Boko Haram e, come ha ricordato il suo governatore, Oluwarotimi Akeredolu, la zona di Owo aveva «goduto di relativa pace nel corso degli anni».
L’attacco e il movente
Secondo le testimonianze raccolte, almeno cinque uomini armati hanno aperto il fuoco e lanciato ordigni contro i fedeli. In serata il bilancio oscillava tra le 20 e le 50 vittime, con un numero imprecisato di feriti.
L’attacco non è stato rivendicato, ma un’organizzazione locale che rappresenta gli interessi dell’etnia Yoruba ha puntato il dito contro i pastori Fulani. L’assalto alla chiesa di Saint Francis sarebbe diretto contro il governatore Akeredolu per il suo «rigoroso rispetto della legge sul pascolo aperto», ha sostenuto l’associazione Afenifere. Una pista accreditata anche dal direttore della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa (Acs), Alessandro Monteduro: «Se il banditismo in Nigeria alcuni decenni fa si avvaleva di archi e frecce, negli ultimi anni i Fulani si sono dotati di Ak47, diffusissimi nel Paese dopo la caduta di Gheddafi. L’assenza di un buon governo e la corruzione sta contribuendo a tutto questo».
La ragione nella scarsità di terra
Quella dei Fulani è una delle tante crisi che attanagliano la Nigeria la quale, oltre che dai Boko Haram, è terrorizzata anche da bande di saccheggiatori e rapitori nel nord-ovest e nel centro, mentre il sud-est è teatro di movimenti separatisti. In passato vi sono stati massacri con un numero anche maggiore di vittime in violenze tra Fulani e coltivatori stanziali. Il fenomeno è dovuto soprattutto alla scarsità di terra fertile creata dai cambiamenti climatici e dalla desertificazione della Nigeria settentrionale che stanno spingendo i bovari nomadi a trovare foraggio per il loro bestiame sempre più verso sud, devastando i campi degli agricoltori.
Uno dei sacerdoti della St. Francis Catholic Church, padre Andrew Abayomi, ha lasciato intendere che la strage avrebbe potuto essere anche più grave riferendo che i terroristi hanno colpito mentre la funzione religiosa stava per finire: «Avevo persino chiesto alle persone di iniziare ad andarsene; è in quel momento che abbiamo iniziato a sentire gli spari provenire da diverse parti», ha raccontato dicendo di essersi salvato nascondendosi per 20 minuti.
«Ferma condanna» per questa «terribile strage bambini, donne e uomini innocenti», vittime di «una violenza inaudita», è stata formulata dal ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio.
L’appello del Vescovo
Monsignor Jude Ayodeji Arogundade, vescovo di Ondo, invita a «mantenere la calma, a rispettare la legge e a pregare affinché la pace e la normalità tornino nella nostra comunità, Stato e Paese». Il suo appello è stato diffuso dal direttore delle comunicazioni sociali della diocesi di Ondo, padre Agostino Ikwu. «Tutti i sacerdoti della parrocchia sono al sicuro e nessuno è stato rapito come dicono i social. Anche il vescovo della diocesi è con loro in questo momento difficile. Continuiamo a pregare per loro e per la brava gente di Owo e per lo Stato in generale – dice padre Ikwu, ricordando lo sconforto dell’intera comunità -. Le agenzie di sicurezza sono state schierate per gestire la situazione. A questo punto della storia del nostro caro Paese, la Nigeria, abbiamo bisogno dell’intervento di Dio per riportare la pace e la tranquillità». La nota si chiude con una preghiera per le vittime e le loro famiglie.