In un solo anno oltre la metà dei migranti ospiti della Caritas Ambrosiana che avrebbero dovuto lasciare i centri di accoglienza in virtù del primo Decreto sicurezza, hanno raggiunto l’autonomia grazie alle scelte della Diocesi di Milano. È quanto emerge dal primo bilancio del Progetto a favore degli esclusi dal sostegno pubblico varato dall’ente diocesano per mitigare gli effetti negativi del provvedimento governativo dell’ottobre 2018, poi convertito in legge nel dicembre successivo.
Nella sola Diocesi di Milano hanno potuto beneficiare dall’intervento 77 persone (di cui 29 minori), tutte titolari di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, già ospiti nelle strutture gestite per conto delle Prefetture dalle cooperative sociali della Caritas Ambrosiana e del territorio. Migranti cui lo Stato aveva riconosciuto il diritto a restare sul territorio nazionale, ma che avevano perso il diritto all’accoglienza con l’entrata in vigore del decreto voluto dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Grazie all’iniziativa della Caritas Ambrosiana, invece, tutti gli ospiti hanno potuto proseguire i precorsi di integrazione che avevano intrapreso o iniziarne di nuovi negli stessi centri o in altri del sistema diocesano.
A un anno di distanza da questa decisione, su 48 adulti rimasti nelle strutture 20 hanno già trovato un lavoro (alcuni in modo autonomo, altri al termine dei corsi di formazione e delle borse lavoro che sono state offerte loro all’interno del progetto). Inoltre tutti i 14 migranti single ospiti e più della metà delle famiglie (14 su 24) si stanno preparando a lasciare i centri di accoglienza grazie a percorsi di autonomia ben avviati.
«Se avessimo dato seguito alle disposizioni del Decreto sicurezza, queste persone sarebbero oggi molto più deboli, più esposte al ricatto di sfruttatori di ogni risma e probabilmente le avremmo viste in coda ai centri di ascolto delle parrocchie – sottolinea Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana -. Con il nostro piccolo gesto, abbiamo dato a loro un’opportunità. E oggi a conti fatti possiamo dire di aver avuto ragione. Sommessamente crediamo che questa piccola storia possa aiutare a far capire più in generale che i soldi per l’integrazione dei migranti, se spesi bene, sono un investimento e non un semplice costo».
«Mi piacerebbe che fosse questo il livello del dibattito pubblico – aggiunge Gualzetti, facendo riferimento alla circolare emanata dal Viminale nei giorni scorsi con la quale si ridefiniscono i compensi giornalieri per gli enti che si occupano di accoglienza -. Non si può svilire la discussione a una mera questione di quattrini: il punto sono i servizi che devono essere offerti, perché è da quelli che dipende l’efficacia dell’intervento. Se lo scopo è l’integrazione, non ci si può limitare a fornire un alloggio. Occorrono corsi di alfabetizzazione, corsi di formazione professionale agganciati al territorio, accompagnamento sociale. Come altri soggetti seri del terzo settore noi abbiamo sempre voluto mantenere questo livello di proposta. Al di sotto del quale non ha senso la nostra collaborazione. Per questa ragione abbiamo già oggi rimodulato il nostro impegno, rivedendo la nostra partecipazione ai bandi pubblici e promuovendo un sistema privato di accoglienza. Valuteremo attentamente le novità introdotte dalla circolare per capire come procedere in futuro».