Unità e dignità. Sono questi i due termini-chiave del discorso di Sergio Mattarella in occasione del suo secondo giuramento da Presidente della Repubblica. Davanti ai “grandi elettori” che lo hanno rivoluto al Quirinale – a furor di popolo, verrebbe da dire, se l’espressione non si prestasse a letture equivoche – il Capo dello Stato ha parlato con lo sguardo rivolto in avanti. Un riferimento ai «giorni travagliati» («travagliati anche per me», ha aggiunto a braccio) e alla nuova chiamata «inattesa», ma poi il baricentro del suo intervento nella sede istituzionale più solenne è apparso chiaramente tutto proiettato in avanti. «Ecco, noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica. Viva la Repubblica, viva l’Italia»: così Mattarella ha concluso un discorso interrotto da 55 applausi.
Lotta alle disuguaglianze
Il Capo dello Stato non ha tralasciato nessun soggetto e nessuna situazione, ma le cronache registrano un particolare trasporto in Aula per le parti che hanno toccato il rapporto tra Governo e Parlamento e tra politica e magistratura.
Ma prima di accennare ad alcuni di questi temi, vale la pena partire dalla fine, da quell’autentico inno alla dignità scandito da Mattarella con convinzione profonda, dopo averlo fatto precedere da una dichiarazione di principio: «È necessario assumere la lotta alle disuguaglianze e alle povertà come asse portante delle politiche pubbliche». Presidente di tutti gli italiani senza distinzione, ma con un pensiero rivolto «in particolare a quelli più in sofferenza». L’aggancio forte alla Costituzione («La lettera e lo spirito della nostra Carta continueranno a essere il punto di riferimento della mia azione») è nel richiamo a quell’articolo 3 in cui la Repubblica si impegna a «rimuovere gli ostacoli» che ostacolano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione alla vita complessiva del Paese.
Per Mattarella, dunque, dignità è «azzerare le morti sul lavoro», «opporsi al razzismo e all’antisemitismo», «impedire la violenza sulle donne», «combattere senza tregua la tratta e la schiavitù degli esseri umani». È «diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico», «rispetto per gli anziani». È, ancora, «contrastare le povertà, la precarietà disperata», «non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità». È un Paese capace di assicurare «il reinserimento sociale dei detenuti», di eliminare gli ostacoli che le persone con disabilità «immotivatamente incontrano nella loro vita». Un Paese «libero dalle mafie» e in cui i cittadini possano avere «un’informazione libera e indipendente».
Pandemia, non abbassare la guardia
Il Capo dello Stato ha sottolineato subito in apertura che «la lotta contro il virus non è conclusa», e se «la campagna di vaccinazione ha molto ridotto i rischi», tuttavia «non ci sono consentite disattenzioni». Così pure sul versante della ripresa economica, anch’essa debitrice della campagna vaccinale. Sono stati raggiunti importanti risultati, ma perché tale ripresa non risulti «effimera» occorre «un vero e proprio salto di efficienza del sistema Paese».
In questa chiave Mattarella ha esplicitamente ringraziato «il governo guidato dal Presidente Draghi», «nato, con ampio sostegno parlamentare, nel pieno dell’emergenza, e ora proiettato a superarla, ponendo le basi di una nuova stagione di crescita sostenibile del Paese e dell’Europa». Alla Ue Mattarella ha riconosciuto un’importanza fondamentale, sia nei confronti dell’Italia e della sua ripresa economica, sia nei confronti dei gravi pericoli per la pace che incombono in questa stagione. Con l’Onu e la Nato, l’Unione europea rappresenta il riferimento internazionale ineludibile per il nostro Paese, anche «nel martoriato panorama mediterraneo e mediorientale».
Il Presidente della Repubblica ha additato il rischio che «poteri economici sovranazionali» cerchino di prevalere e di imporsi, «aggirando il processo democratico», e ha denunciato l’inganno con cui i «regimi autoritari e autocratici» tentano di presentarsi come più efficienti. «La sfida – a livello mondiale – per la salvaguardia della democrazia riguarda tutti e anzitutto le istituzioni», ha sottolineato Mattarella. E ha aggiunto: «Il Parlamento ha davanti a sé un compito di grande importanza perché, attraverso nuove regole, può favorire una stagione di partecipazione». Allo stesso tempo «i partiti sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali» perché «senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre più solo e più indifeso».
Governo e Parlamento
Il Presidente non è ovviamente entrato nel merito delle riforme, ma ha richiamato al ripristino della fisiologia costituzionale nel rapporto tra Governo e Parlamento, con un indiretto riferimento alla compressione dei tempi di discussione dei provvedimenti dell’esecutivo e al corretto uso dei decreti-legge.
Per quanto riguarda la Magistratura (con un accento particolare in quanto il Capo dello Stato è anche presidente del Csm), Mattarella da un lato ha ribadito che devono essere salvaguardati i «principi irrinunziabili di autonomia e indipendenza», dall’altro ha ricordato che «l’ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo» devono corrispondere «alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come richiesto a buon titolo dai cittadini» e dev’essere recuperato «un profondo rigore».
Molto significativi i nomi che il Presidente della Repubblica ha citato esplicitamente nel suo discorso: oltre al premier Draghi, papa Francesco, David Sassoli, Monica Vitti (come simbolo dell’Italia della cultura) e Lorenzo Parelli, il giovane studente morto durante uno stage aziendale.