«Le elezioni europee rappresentano un’occasione per mettere a tema quale Europa vogliamo costruire per il futuro». Marta Cartabia, giurista, già presidente della Corte costituzionale e ministro della Giustizia nel Governo Draghi, riflette a voce alta sul processo d’integrazione comunitaria. L’occasione è data da un dibattito a Milano, svoltosi il 4 marzo alla Fondazione Ambrosianeum. «Normalmente il voto europeo è considerato anche un test per i rapporti di forza tra i partiti nazionali. Questo è comprensibile. Ma è importante – spiega Cartabia – che i cittadini abbiano la possibilità di farsi un’idea sui programmi e sui candidati» in lizza. «In questa fase è ancora più interessante date le sfide che abbiamo di fronte».
Un nuovo allargamento
La giurista sottolinea come il cammino verso l’unità europea sia fatto di «stasi e di successivi passi avanti». Un esempio? «Attorno al 2030 ci potrebbe essere un nuovo allargamento dell’Ue, con 8 o 10 Paesi che raggiungerebbero i 27: si tratta dei Balcani, dell’Ucraina, della Moldavia… Questo sposterebbe l’asse dell’Unione verso est, così come era avvenuto dopo l’allargamento del 2004». Si tratta, precisa, «di cambiamenti significativi, non indolori, ma rilevanti e rappresentano allo stesso tempo una opportunità per verificare se la struttura attuale dell’Ue, modellata negli anni Cinquanta dai sei Paesi fondatori, sia ancora attuale, e se sia in grado di reggere queste novità».
Ripensare la governance
Il dialogo con Marta Cartabia attraversa ruoli e competenze delle istituzioni europee, tocca nodi attualissimi, non trascura i rapporti Italia-Ue. Segnala che i tanti Paesi candidati all’adesione «sono un segno» che l’Europa comunitaria «è ancora attrattiva. Ma “allargare la geografia” richiede di ripensare la governance», e dunque immaginare possibili riforme. «Alcune proposte sono arrivate dalla Conferenza sul futuro dell’Europa, altre le ha formulate lo stesso Parlamento europeo. Bisogna ad esempio affrontare la questione del voto all’unanimità in Consiglio, cui corrisponde un diritto di veto». È sufficiente che in talune materie un solo Paese sia contrario a una decisione e questa si blocca: «A maggior ragione ciò diventa un ostacolo in un’Europa con – in prospettiva – più di 30 Paesi membri». Segnala dunque «un tema di efficienza e di funzionamento» delle istituzioni di Bruxelles e Strasburgo.
La lezione della storia
La storia ha qualcosa da insegnare? «Certo, occorre imparare dal passato». Non manca un richiamo ai padri fondatori, De Gasperi, Schuman, Adenauer. «Ci sono tornanti della storia» comunitaria «segnati da successi: in genere sono quelli incrementali, nei quali si è costruito con gradualità e inclusività». E specifica: «Stare fermi non è possibile, occorre procedere con le riforme, senza balzi in avanti».
Ma quanto conta l’Ue nella vita dei cittadini? La professoressa Cartabia non ha dubbi: «L’Europa è dappertutto, c’entra con tantissimi aspetti della nostra esistenza». Due gli esempi che mette sul tavolo. «L’Erasmus ha cambiato la “sociologia” degli studenti universitari. Per loro è normale pensarsi dentro una comunità accademica e formativa europea. Lo stesso dicasi per la ricerca, i cui fondi provengono per ampia parte dal bilancio europeo». Due esempi per confermare che l’Ue, con le sue normative, le politiche, i fondi comunitari sia ormai parte integrante della vicenda quotidiana per cittadini, imprese, università, enti locali, società civile europea.
La “sua” riforma
Infine una testimonianza personale su quanto realizzato con la “Riforma Cartabia” riguardante i tempi dei processi civili e la digitalizzazione della macchina-Giustizia. «Passi necessari per il nostro sistema – sottolinea –, sollecitati dalla stessa Ue, trattandosi di riforme collegate» ai fondi Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Insomma, Europa vincolo o stimolo? La risposta di Cartabia lascia intendere che l’Ue sia per l’Italia, come per tutti i Paesi membri, una grande chance. «C’è la percezione che in sede Ue si affrontino temi e politiche per il bene del proprio Paese e dell’Europa nel suo insieme». A conferma del motto europeo: «Unità nella diversità».