Le mafie operano anche al nord, lo conferma il numero elevato di beni confiscati: quasi 1.600 nella sola Lombardia e circa 600 tra Milano e provincia. Sull’intero territorio nazionale sono 3.200. Si tratta di appartamenti, box, locali commerciali, magazzini, terreni… Molti vengono dati in gestione a enti del Terzo settore che li utilizzano a scopi sociali. Da anni l’associazione “Una casa anche per te”, che fa capo a don Massimo Mapelli, gestisce diversi beni confiscati: per esempio, presso la Libera Masseria di Cisliano organizza incontri di sensibilizzazione sul tema della mafia e attività con i giovani. Fino a metà aprile ospita la mostra “Sconfinati” sull’immigrazione realizzata da Caritas ambrosiana.
A Lecco invece l’ex pizzeria “Il giglio”, sottratta alla ’ndrangheta, dal 2015 è un centro sociale aperto agli anziani e gestito direttamente dal Comune. La cooperativa Olinda invece ha trasformato il ristorante Wall Street in “Fiore cucina in libertà”, impegnando anche persone con disagio psichico per insegnare loro un mestiere e inserirle nel mondo del lavoro.
«Il contrasto al crimine organizzato e alle situazioni in cui esiste l’illegalità – chiarisce Pietro Basile, referente milanese di Libera -, non è solo un fatto giudiziario o di polizia, non è una questione meramente repressiva dei fenomeni, ma ha molto a che fare con il contrasto delle disuguaglianze».
Le realtà che decidono di partecipare a bandi per vedersi assegnare un bene immobile non solo si scontrano con troppa burocrazia, ma anche col fatto che la gestione è temporanea. Un aspetto criticato anche da Rosario Pantaleo, presidente della Commissione antimafia del Comune di Milano. «Troncare spesso le attività, soprattutto nelle periferie e nei luoghi critici di questa città – spiega -, è un problema, perché significa che non abbiamo utilizzato bene le risorse del volontariato, del Terzo settore e dell’amministrazione».