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Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Rifugiati

Corridoi per il futuro: Machar e Angelina, dai campi profughi all’università

Altri 6 giovani giunti a Milano nell’ambito del progetto Unicore. Gualzetti: «I “Corridoi universitari” dimostrano che investire su canali regolari d’ingresso conviene a noi, oltre a tutelare i diritti di chi soffre»

7 Novembre 2024

Machar, sud-sudanese rifugiato in Kenya, e Angelina, congolese rifugiata in Zambia, sono atterrati ieri a Malpensa. Studieranno rispettivamente in Bocconi e alla Statale, e con il loro sbarco a Milano si completa il contingente dei 6 arrivi programmati, nelle ultime settimane nella nostra diocesi (altri se ne sono registrati in altri territori italiani), nel quadro del progetto Unicore 6.0. L’iniziativa è promossa e sostenuta da Unhcr, Caritas Italiana e diverse Caritas diocesane (tra cui l’Ambrosiana), Diaconia Valdese e Centro Astalli, e ha come partner 38 Università italiane.

La sesta fase dei Corridoi universitari, esperienza avviata nel 2020, fa salire a 18 il numero degli studenti rifugiati, di cui 5 nel frattempo laureatisi, accolti in 4 atenei milanesi (coinvolti anche Politecnico e Bicocca). Si tratta di giovani selezionati da Unhcr nei campi profughi di alcuni Paesi africani per mettere a frutto i loro talenti in un ambiente accademico qualificato e in un contesto comunitario accogliente: dall’inizio del progetto, sono 11 le donne e 7 gli uomini di 6 nazionalità (5 sud-sudanesi, 4 eritrei, 3 burundesi, 3 congolesi, 2 ruandesi e 1 somala) giunti a Milano per costruirsi un futuro solido e di successo, mettendosi alle spalle un passato di violenze, sradicamenti, sofferenze. I loro settori di studio, in vista della laurea magistrale e grazie a corsi in lingua inglese, sono svariati: dal marketing all’economia, dal management aziendale a quello di organizzazioni internazionali, dalle biotecnologie alla medicina.

Il ruolo di Caritas nei Corridoi

Caritas Ambrosiana, attraverso la cooperativa Farsi Prossimo, e Diaconia Valdese provvedono, a Milano, ad accompagnare i giovani rifugiati sui versanti sanitario, legale e burocratico, facilitando l’accesso ai servizi territoriali e promuovendo la loro inclusione sociale. A ciascuno studente, in particolare, viene data l’opportunità di essere seguito una famiglia tutor, che lo accompagna anche tramite la proposta di attività extra-accademiche.

I Corridoi universitari consentono ai giovani rifugiati di entrare in Italia con un visto per studenti e ottenere un permesso di soggiorno per studio, della durata del percorso di laurea magistrale (biennale), al cui termine si aprono però diversi interrogativi per coloro che vogliono rimanere: conclusa l’accoglienza negli studentati universitari, devono anzitutto trovare una soluzione abitativa, e i promotori di Unicore si trovano così a offrire supporto anche nella ricerca di un alloggio. Sul versante legale, invece, una volta laureati alcuni studenti decidono di procedere con la richiesta d’asilo in Italia, mentre altri preferiscono imboccare la strada della ricerca di un contratto, in modo da provare a ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Il governo degli ingressi, il caso del Perù

«L’esperienza dei Corridoi universitari – osserva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana – dimostra che è possibile governare il fenomeno delle migrazioni in modo efficace, controllato, rispondente agli interessi di un paese che accusa evidenti lacune demografiche, e allo stesso tempo capace di affermare i diritti di persone che soffrono. All’Italia e all’Europa serve una volontà politica che, con lucidità, investa in maniera convinta sulla gestione di canali regolari di ingresso più ampi, e soprattutto sottratti a norme che rispondono più ai dettami della propaganda che a criteri di buon governo. Ne è un esempio il caso degli immigrati dal Perù, la cui affluenza ai centri d’ascolto e di aiuto di Caritas Ambrosiana, come documenta il nostro recente Rapporto sulle povertà in diocesi, è aumentata del 54,5% nel 2023, rispetto all’anno precedente, e appare nel 2024 in consolidamento. Circa il 70% dei migranti peruviani che si rivolgono al nostro Servizio accoglienza immigrati chiedono di poter presentare domanda di protezione internazionale, e dai loro racconti emerge la realtà di un paese, il Perù, solcato da crisi economiche e sociali, corrotto, politicamente instabile, teatro di estorsioni, minacce di morte, violenze e omicidi operati da bande criminali, che per lo più rimangono impuniti. Eppure da maggio di quest’anno il Perù è stato inserito dal governo italiano nella lista dei paesi di origine “sicuri”, in modo da escludere che chi proviene da esso possa vedersi riconosciuta la protezione internazionale. Il lavoro di rete che diversi soggetti (istituzionali, ecclesiali e del terzo settore) conducono da anni per aprire e gestire i Corridoi umanitari, lavorativi e universitari, dimostra che il diritto di asilo, le politiche di protezione e quelle migratorie possono essere affrontati con maggiore coraggio, realismo e umanità».