È possibile creare spazi di cooperazione con la Russia in modo da non tornare ad avere un nemico dichiarato a oriente come nei decenni della Guerra Fredda? È una domanda che in molti si stanno ponendo, alla luce del comportamento di Mosca nella lunga crisi Ucraina e ancora di più dopo l’omicidio di Boris Nemtsov, oppositore dichiarato di Putin. È certamente importante provarci, fare tutto il possibile perché la Russia non rimanga isolata all’angolo, ma con i guantoni in pugno, pronta a colpire duro chiunque si avvicini troppo. Non è facile però rispondere veramente alla domanda iniziale, e dunque dire qualcosa sul risultato finale, perché nessuno è in grado di capire se la Russia voglia davvero raggiungerlo.
Che cosa vuole essere la Russia per l’Europa? Mosca ha percepito come una sfida l’allargamento a est della Nato, voluto dai Paesi dell’Europa orientale ancora più che dagli Stati Uniti, come garanzia rispetto a un possibile espansionismo russo. Questo ampliamento dell’alleanza militare occidentale verso i suoi confini ha dato alla Russia l’impressione di non essere ben accetta nel salotto buono della politica internazionale, di essere guardata ancora con sospetto nonostante il tramonto dell’Unione Sovietica, di non essere trattata con sincerità.
Il problema è che la leadership russa non ha fatto molto per fugare i dubbi di un possibile neoimperialismo post-sovietico e per integrarsi con l’Europa occidentale. L’era Putin è stata consacrata al tentativo di riportare la Russia ad essere una potenza di scala mondiale, determinante per qualunque questione di rilievo nel sistema internazionale. Quest’obiettivo però non è stato perseguito con un atteggiamento cooperativo, bensì mettendosi apertamente in competizione, a tratti in contrapposizione con l’Europa e con gli Stati Uniti. Washington ha risposto rispolverando i progetti di quello scudo spaziale antimissile che in teoria se effettivamente realizzato potrebbe far saltare l’equilibrio nucleare fra le due ex-superpotenze della Guerra Fredda, rendendo gli Usa intoccabili da parte dell’arsenale russo.
Se, come dicevamo, è difficile capire cosa voglia essere la Russia per l’Europa, è più facile capire cosa Putin vuole che la Russia sia nei confronti dell’Europa. La netta impressione è che il presidente russo, che concepisce tutta la politica come politica di potenza, non voglia negoziare alla pari, né tantomeno dialogare con l’Europa e con gli Stati Uniti, ma dettare le proprie condizioni, alle quali le controparti si devono adeguare, perché la Russia è una grande potenza ed è in grado di far male. Putin considera gli Stati Uniti inaffidabili e sostanzialmente ostili alla Russia, mentre gli Stati europei sono troppo piccoli per essere considerati dei parigrado. Se l’Europa giocasse sullo scacchiere globale come un’unica potenza, Mosca sarebbe costretta a farci seriamente i conti, ma l’Ue è una potenza solo virtuale prima di tutto perché così la vogliono i suoi membri, e Putin lo sa molto bene.
Resta il fatto che l’Europa deve fare il possibile per non avere nella Russia un sostanziale nemico. Putin vuol dimostrare che la Russia non ha veramente bisogno dell’Europa, ma nonostante la sua grande popolarità, la Russia non è solo Putin e la Russia resterà dopo Putin. L’Europa deve parlare alla Russia, dimostrarsi aperta e disponibile a tessere relazioni cooperative, mostrando che queste sono preziose per tutti. In secondo luogo, l’Europa deve tornare a usare il suo “soft power”, deve riscoprire la sua capacità attrattiva, la sua desiderabilità e comunicarla in modo efficace, alla Russia e oltre. Infine, in cambio della costante disponibilità alla cooperazione sincera, l’Europa deve essere intransigente sull’uso della violenza. Su quello non si può trattare, perché non si può essere amici di chi non vuole esserlo.