«A Latakia, nel quartiere popolare di Ramleh, hanno estratto poco fa due giovanissimi ancora in vita. Sotto le macerie del palazzo di sette piani restano altre persone, per questo è importante scavare»: Giacomo Pizzi, collaboratore della ong Pro Terra Sancta, è a Latakia per un sopralluogo in quella che è la più importante città portuale della Siria, rimasta gravemente colpita dal terremoto del 6 febbraio.
Al telefono fa il punto della situazione: «Nella parte centrale della città sono crollati due edifici. Altri due o tre sono stati evacuati perché a rischio di crollo. Le scosse, infatti, si susseguono. La possibilità che possano collassare improvvisamente è alta. Altre strutture saranno abbattute perché completamente inagibili. Le zone della città che hanno riportato i danni maggiori sono quelle della periferia settentrionale, dove c’è un piccolo villaggio abitato da famiglie sfollate di Idlib, e meridionale dove si trova un insediamento di palestinesi già dal 1948. Si tratta di gente “doppiamente sfollata”, prima a causa della guerra, ora per il terremoto. Durante la guerra cercavano una casa qui e adesso non ce l’hanno più. È iconica la storia di questa donna Jameela, che ha 90 anni ed era fuggita da Idlib con la sua famiglia per fuggire da al-Nusra. Ieri stavano per rientrare nella loro casa che ballava tutta e li hanno fatti uscire e ora non hanno un tetto. Coloro che hanno perso la casa cercano di trovare rifugio in centri di accoglienza. Nel convento francescano del Sacro Cuore di Gesù i frati stanno ospitando circa 200 persone».
Sopralluoghi in corso
«In queste prime ore a Latakia, insieme ad altre ong e agenzie umanitarie, stiamo cercando di fare dei sopralluoghi per stilare una mappatura dei bisogni e coordinare gli aiuti – spiega Pizzi -. Per adesso il bisogno concreto è veramente basico. Lo era anche prima del terremoto e anche per persone che non erano povere. Mancano cibo, acqua, coperte che stiamo già distribuendo. Più che un vero aiuto si potrebbe parlare, in questa fase, di sollievo ai terremotati. Quando capiremo l’entità dei danni, bisognerà intervenire subito per la ricostruzione delle case».
Per il collaboratore di Pro Terra Sancta una delle difficoltà maggiori da affrontare è quel «senso di abbandono patito dai siriani, giunti al loro 13° anno di guerra. Si sentono completamente dimenticati perché nessuno parla più di loro. Tuttavia reagiscono alle difficoltà con grande resilienza». Appare come una luce, allora, «l’arrivo a Latakia di due camion pieni di aiuti provenienti dal vicino, ma solo geograficamente, Libano. È noto che storicamente tra siriani e libanesi i rapporti non siano così buoni. La mano tesa del Libano, che vive una crisi economica e sociale profondissima, è una fonte di speranza».
L’arrivo del Nunzio
L’arrivo degli aiuti internazionali, tuttavia, resta basilare per soccorrere la popolazione terremotata. A tale riguardo Pizzi ribadisce l’appello già lanciato da Pro Terra Sancta alla comunità internazionale per rimuovere o allentare, almeno in questo momento, le sanzioni che colpiscono la Siria, e che non si faccia distinzione tra gli sfollati che vivono sotto il regime di Assad o i ribelli.
«Le sanzioni rallentano se non impediscono del tutto il flusso di aiuti. Da parte nostra continuiamo a chiedere sostegno per affrontare le emergenze di questi giorni. Ogni aiuto verrà prontamente trasferito alla popolazione siriana. Per questo Pro Terra Sancta ha attivato immediatamente una campagna di raccolta fondi per sostenere i terremotati e riparare i danni provocati alle case».
Nella giornata di oggi a Latakia è previsto l’arrivo del nunzio apostolico, cardinale Mario Zenari, che come ad Aleppo, farà un sopralluogo nelle chiese distrutte, e visita agli sfollati ai quali – conclude Pizzi riferendo parole del Nunzio dette ad Aleppo – «porterò la “carezza” del Papa».