Sì alla parità delle donne, ma anche alla vita umana: la tutela dei diritti non può prescindere da quelli dei più deboli, anche di chi è appena stato concepito; altrimenti si va contro l’etica intrinseca del diritto. Secondo don Michele Aramini, cappellano alla Liuc Carlo Cattaneo di Castellanza (Va), con la Risoluzione Tarabella approvata dal Parlamento europeo siamo di fronte a un regresso di civiltà. Non solo per quella cristiana, ma anche per quella umana: «Le affermazioni sul ruolo della donna nella società contenute in questa Risoluzione sono sacrosante. Ma c’è una presa di posizione a proposito dell’aborto che spinge nella direzione di affermare questa pratica come un diritto. Un regresso giuridico che mira a fare pressioni sulle legislazioni nazionali perché facciano diventare l’aborto un servizio assistenziale garantito», spiega.
In Italia la legge 194 prevede infatti la depenalizzazione per alcuni casi particolari, come il disagio fisico o quello mentale, ed entro limiti ben definiti. L’aborto nel nostro Paese è facile, ma non è un diritto. Perché non si può riconoscere il diritto a sopprimere una vita: un atto che, inevitabilmente, porta sempre con sé conseguenze anche per la donna.
Maltrattamenti, abusi, ricatti anche a sfondo sessuale per poter ottenere posizioni di potere o semplicemente per far carriera più in fretta: sono tante le difficoltà che le donne incontrano oggi nonostante il progresso e i cambiamenti sociali. E su tutti questi contenuti la Risoluzione va nella giusta direzione. Tranne per quelli sull’aborto. «Purtroppo queste Risoluzioni sono vere e proprie trappole – afferma Aramini -. Mettono insieme diritti sacrosanti, come quello ad avere una retribuzione più equa, un maggiore riconoscimento nel mondo del lavoro, congedi parentali anche per i padri, con idee frutto di una cultura libertaria, secondo cui la donna ottiene la parità anche con il diritto di prevaricare sui più deboli», aggiunge.
La scelta di mettere al mondo un figlio deve nascere dalla maturità e dalla consapevolezza della donna. Fin dal suo concepimento. E se è giusto stare accanto a chi si trova in grave difficoltà, è giusto anche far sapere che le alternative all’aborto esistono.