«La tempesta è sempre più forte e non si vede la fine del tunnel». Così, intervistato dall’agenzia Fides, l’arcivescovo maronita di Damasco Samir Nassar descrive la situazione inSiria.
«Il conflitto – spiega – è in un vicolo cieco: da un lato, un forte potere centralizzato che rifiuta di farsi da parte; dall’altro, una sollevazione popolare che non accenna ad arrendersi, nonostante l’intensità della violenza. Questo conflitto, che sta paralizzando il Paese, ha portato sanzioni economiche, inflazione, svalutazione della moneta locale (-60%), aumento della disoccupazione, distruzione, popolazioni sfollate e vittime a migliaia».
La gente «è sottoposta a pressioni enormi e intensa sofferenza, che cresce col passare del tempo.Odio, divisioni e miseria aumentano, in assenza di atti di compassione e di aiuti umanitari. La Siria sembra stretta nella morsa di una impasse mortale».
Sulla condizione dei cristiani, l’Arcivescovo sottolinea che «l’attuale situazione di stallo sta alimentando l’angoscia dei fedeli che, alla fine di ogni messa, si salutano con un addio, avvertendo così incerto il loro futuro». Inoltre «le chiusuredelle ambasciate a Damasco hanno reso impossibile ottenere i visti, in modo da limitare notevolmente la possibilità di lasciare il Paese».
L’irruzione in un monastero
Sulla situazione in Siria il gesuita italiano padre Paolo dall’Oglio riferisce di un episodio accaduto nel monastero di Deir Mar Musa el-Habasci nella serata dello scorso 22 febbraio. «Una trentina di uomini armati e a volto coperto hanno fatto irruzione e hanno messo a soqquadro gli ambienti cercando armi e denaro – racconta -. Quattro sorelle sono state trattenute in una stanza sotto sorveglianza… Entrati in chiesa, gli uomini armati hanno quindi minacciato i presenti, obbligandoli a radunarsi in un angolo della chiesa. Hanno poi intercettato altre persone nel monastero trattandole brutalmente. Poi, non trovando quel che cercavano, hanno distrutto gli strumenti di comunicazione». Dopo aver acconsentito a che si riprendesse la preghiera, gli uomini si sono allontanati senza ulteriore violenze. Impossibile dare loro un’identità precisa: «Certamente si trattava di uomini abituati all’uso delle armi… Ma perché cercare armi in un monastero che da tanti anni ha scelto e diffuso la non-violenza?».