“La consapevolezza dell’emergenza richiede risposte all’altezza della situazione”. Nelle parole di Mario Draghi subito dopo aver ricevuto l’incarico di formare il governo c’è la chiara eco della dichiarazione con cui ieri sera il capo dello Stato ha motivato in modo inoppugnabile la sua iniziativa. E anche il resto del breve discorso pronunciato oggi da Draghi davanti ai giornalisti ha ripreso in modo convinto i temi enunciati da Mattarella.
“Vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, offrire risposte ai problemi quotidiani dei cittadini, rilanciare il Paese”, ha scandito l’ex-presidente della Bce, mettendo bene in evidenza come con “le risorse straordinarie dell’Unione Europea, abbiamo l’opportunità di fare molto per il nostro Paese, con uno sguardo attento al futuro delle giovani generazioni e al rafforzamento della coesione sociale”.
Una sintonia che certamente è compresa nel perimetro dei rapporti istituzionali tra il capo dello Stato e il presidente del Consiglio incaricato, ma che è corroborata anche da un rapporto personale di conoscenza e di stima. In un momento così difficile per il Paese, i cittadini possono trovare in questi due personaggi un motivo di fiducia, anche se il percorso di Draghi si presenta tutt’altro che in discesa.
Il presidente incaricato ha dalla sua un prestigio e un’autorevolezza internazionali che pochi altri italiani possono vantare, ma un Governo ha bisogno della fiducia delle Camere e le reazioni a caldo dei partiti sono state molto assortite, per lo più attendiste e in alcuni casi esplicitamente critiche, anche per le ripercussioni che il posizionamento rispetto al tentativo di Draghi determina all’interno delle stesse forze politiche.
“Con grande rispetto mi rivolgerò innanzitutto al Parlamento, espressione della volontà popolare”, ha tenuto a sottolineare il presidente incaricato, annunciando che scioglierà la riserva al termine delle consultazioni. Si è comunque detto “fiducioso che dal confronto con i partiti e i gruppi parlamentari e dal dialogo con le forze sociali emerga unità”.
Il governo di “alto profilo” da costituire, ha precisato lo stesso capo dello Stato nella dichiarazione di ieri sera, non deve identificarsi “con alcuna formula politica”. I precedenti che vengono alla mente sono quelli di Ciampi nel 1993 e di Monti nel 2011. Nel primo caso, peraltro, i ministri furono espressione delle forze politiche, nel secondo si trattò invece di tecnici. Nessuna delle due vie è teoricamente preclusa al presidente incaricato, ferme restando le competenze del Quirinale.
Il presidente della Repubblica sta gestendo la crisi con la saggezza e la limpidezza che ormai gli italiani (e non solo gli italiani) hanno imparato a conoscere. Ha provato fino in fondo a far verificare la possibilità di confermare la coalizione uscente, l’unica maggioranza politica possibile in questo Parlamento alla luce di quanto emerso dalle consultazioni. Esaurita questa possibilità con il mandato esplorativo al presidente della Camera, si è trovato di fronte due strade alternative, come ha spiegato pubblicamente in modo da non lasciar adito a dubbi: quella di “dare, immediatamente, vita a un nuovo Governo, adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti: sanitaria, sociale, economica, finanziaria” ovvero quella “di immediate elezioni anticipate”.
Questa seconda ipotesi, “attentamente considerata” perché il voto è esercizio di democrazia, è apparsa in rotta di collisione con le concrete emergenze del Paese e con l’esigenza di non lasciare il Paese per molti mesi senza un Governo nella pienezza delle sue funzioni in una fase cruciale per gli impegni in campo sanitario, sociale ed economico. Di qui la scelta di conferire a Draghi l’incarico di formare il nuovo esecutivo. Dopo una crisi incomprensibile, sarebbe ancora più incomprensibile se le forze politiche vanificassero anche questa possibilità di dotare il Paese di un governo all’altezza delle sfide epocali che ha di fronte.