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Stati Uniti

La lobby delle armi ha avuto la meglio

La reazione dei cattolici. Il professor Winright chiede alle istituzioni di assecondare la maggioranza dei cittadini che vuole regole più severe

di Damiano BELTRAMI da New York

22 Aprile 2013

È saltato l’accordo bipartisan a Washington per introdurre almeno controlli minimi per i cittadini americani che vogliono possedere armi d’assalto. Nonostante secondo diversi sondaggi il 90% della popolazione Usa sia oggi favorevole a questa misura, in Senato hanno prevalso logiche di piccolo cabotaggio e la lobby delle armi ha avuto la meglio. L’agenzia Sir ha parlato di questa riforma ancora una volta rimandata con Tobias Winright, professore di teologia ed etica all’ateneo cattolico Saint Louis University. Insieme ad altre 60 personalità di fede cattolica, tra cui accademici e religiosi, lo scorso marzo Winright ha rivolto una lettera aperta a deputati e senatori repubblicani e democratici per ricordare loro come l’uso di armi non sia in sintonia con la cultura della vita a cui la Chiesa costantemente richiama.

Professor Winright, la recente strage di Newtown in cui hanno perso la vita 20 bambini e sei adulti, non è bastata a convincere della necessità di norme più stringenti sul possesso di armi?

«Il denaro svolge un ruolo di primo piano nel nostro sistema politico. Gruppi potenti e ben organizzati come la lobby delle armi probabilmente hanno più influenza sui nostri deputati e senatori di quanto ne esercitino gli elettori. La maggioranza dei cattolici americani, e in generale dei cittadini di questo Paese, vuole regole più severe, ma nelle nostre istituzioni non si riesce ad assecondare questo sentimento popolare. Spesso ripetiamo che il nostro governo è “dei cittadini, per i cittadini e al fianco dei cittadini”, ma decisioni di questo tenore fanno pensare il contrario».

Quale era l’intento della lettera che lei ed altri laici e religiosi avete inviato ai politici cattolici di entrambi gli schieramenti?

«Alcuni deputati e senatori dicono di essere cattolici, di voler sostenere le famiglie, di avere a cuore la difesa della vita. Dunque noi volevamo ricordare loro questo impegno. Pistole, fucili e armi da guerra stanno uccidendo innocenti e facendo male a molte famiglie».

Storicamente qualè stata la posizione della Chiesa negli Stati Uniti sulla questione delle armi?

«La Chiesa in America è stata sempre contraria alla cultura delle armi. Nel 1975 i vescovi cattolici americani chiesero che tutti i tipi di pistole e fucili venissero messi al bando e fossero utilizzabili solo da poliziotti e militari. E allora non giravano ancora queste armi da assalto, in pratica armi molto sofisticate, normalmente usate dai soldati».

Che ruolo ha ricoperto la Conferenza episcopale americana nel recente dibattito sulle nuove misure anti-armi?

«Sono davvero soddisfatto che le gerarchie ecclesiali qui in America e in Vaticano abbiano sostenuto questo sforzo. LaConferenza episcopale americana, per esempio, per bocca dellaportavoceMary Ann Walsh o del cardinale Timothy M. Dolan, ha messo in chiaro ancora una volta come questa sia una questione pro-life. Difendere la vita non significa solamente proteggere l’embrione fin dal suo concepimento. La vita va difesa anche dopo la nascita, il che dovrebbe comprendere un rifiuto, per esempio, dell’uso di strumenti che possono distruggerla. Ogni anno negli Stati Uniti muoiono 30mila persone innocenti a causa di armi da fuoco. Credo che le notizie di queste stragi, a Newtown, ad Aurora, e purtroppo anche in tante altre zone degli Stati Uniti, hanno fatto aumentare la preoccupazione e posto l’accento su un problema vero. Sia i fedeli sia le gerarchie hanno capito che questo è un argomento di vita o di morte e deve essere affrontato, specie in questo Paese in cui abbiamo – è stato stimato – 300 milioni tra pistole, fucili e affini».

Come si uscirà da questo impasse?

«Con un po’ di coraggio, credo. In America abbiamo questo Secondo emendamento della Costituzione che dice che “esiste il diritto di possedere armi”. Nella tradizione cattolica affiora il concetto di autodifesa, ma diciamo anche che dalla prima metà del XIX secolo abbiamo la polizia e l’esercito che provvedono alla nostra difesa, e quindi non c’è più bisogno di farlo da soli. Poi oggi nonèpiù necessario cacciare con fucili e doppiette per procurarsi il cibo da mettere sulla tavola e non c’è la minaccia, per così dire, di popolazioni locali ostili. Insomma, il periodo storicoè radicalmente diverso, e le armi sono diverse: quelle erano nulla rispetto a quelle di oggi. Per cui, benché il diritto di difendersi resti, molti cattolici non ritengono esista più quello di essere armati. Il settimanale gesuita America magazine ha pubblicato il 25 febbraio scorso un editoriale in cui si chiedeva l’abrogazione del Secondo emendamento. Dubito che questo avvenga in tempi brevi perché possedere armi sembra ormai divenuta una sorta di idolatria. Ma la Costituzione, sia pure un’ottima Carta,è stata scritta da uomini, nonè la Bibbia. È stata emendata in passato. Nonèperfetta. Adesso serve il coraggio di migliorarla».