In occasione del Giubileo e in particolare verso il Giubileo dei Giovani, i ragazzi della Comunità Kayrós sono pronti a muoversi sul territorio diocesano per mettere in scena quella che si configura come molto più di una testimonianza teatrale: Non esistono ragazzi cattivi – Pellegrini di speranza è un viaggio intenso e toccante attraverso storie di vita, cadute e rinascite di giovani che cercano il loro posto nel mondo (info e prenotazioni di serate: ufficiostampa@kayros.it).
Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano e fondatore della Comunità Kayros (che quest’anno compie 25 anni e ospita attualmente una cinquantina tra adolescenti e giovani maggiorenni, offrendo loro supporto e alloggio), ne spiega il significato: «In un tempo in cui c’è una narrazione spesso negativa degli adolescenti, una tendenza a criminalizzare molto i ragazzi, questa testimonianza parte da un dato di realtà: i ragazzi che salgono sul palco sono passati dal Beccaria o comunque sono in Comunità per vicende penali, però l’idea è quella di ascoltare le loro storie, da dove arrivano, in quali contesti… Quindi riflettere su cosa si fonda la speranza, che non è semplicemente l’ottimismo banale di chi pensa “magicamente cambieranno”, ma è anche l’impegno di rielaborare la propria storia, di partire dalla fatica del crescere, e quindi di cercare di trovare nuove prospettive, ma dentro la vita reale».
Rinascere è la meta, ma tra la partenza e l’arrivo c’è tutto un lavoro educativo. Quello che si desidera trasmettere è far capire che non si propongono modelli di chi è già cambiato facilmente, ma si raccontano ragazzi in cammino verso la loro rinascita: uno spaccato di realtà che può apparire anche un po’ spregiudicato e inquietare, per certi aspetti, ma che offre la possibilità di scoprire da vicino cosa si muove dentro la vita di un ragazzo, giunto a sbagliare, considerando per lui la speranza come un grido, in un cammino pieno di insidie e impegnativo, e allo stesso tempo un inno alla resilienza, una conferma che il cambiamento è possibile.
La storia di Bilal
Lo testimonia per esempio la storia di Bilal, un ragazzino giunto dal Marocco dopo aver girato sei Paesi d’Europa, emblema della situazione dei minori stranieri non accompagnati. Sorpreso a commettere reati alla Stazione Centrale di Milano, veniva accompagnato in comunità dalle quali puntualmente si allontanava: un cammino che sembrava completamente perso, “senza speranza”. Fino all’ingresso in Kayros, dove si trova tuttora, e l’inizio di un percorso finalmente non più a zonzo: l’esame di terza media sostenuto brillantemente, un lavoro e ora l’intenzione di riprendere anche la scuola… «La spavalderia è legata alla fragilità – spiega don Burgio – e con la fragilità bisogna avere pazienza, rielaborandola insieme al ragazzo perché non diventi fonte di sfiducia ulteriore (molti ragazzi si sentono profondamente inadeguati alle aspettative adulte) o di stigmatizzazione ed etichettamento, ma la possibilità di intuire nella fragilità, al di là dell’apparenza, il proprio potenziale e il proprio talento nascosto».
Le trame della serata
Nella rappresentazione, in una sorta di percorso tematico che aiuta a comprendere il cammino della speranza, si affrontano alcuni temi come capitoli di una trama: la famiglia, il carcere, gli affetti, il perdono, ecc, con storie (alcune portate in scena dai ragazzi), oppure video o canzoni scritte da loro (con lo stile trap o rap, per conoscere cosa rappresenti per loro la musica e l’espressione artistica). Con un messaggio forte offerto alle comunità cristiane: «Bisogna provare a entrare di più in empatia con i ragazzi, in modo tale che gli aspetti più dolorosi, più fragili, possano emergere nel dialogo, tra i ragazzi stessi e con gli educatori – conclude Burgio -. È dentro la fragilità che trova posto anche la fede. Non è solo accogliendo i “bravi” ragazzi, quelli perfetti che rispettano tutte le regole, che diventiamo una comunità cristiana: dobbiamo essere capaci di entrare in tante pieghe della vita accompagnando anche le ferite di tanti, donando comprensione e amore e riconoscendo ogni errore come un’opportunità di crescita. Se le comunità riusciranno a ritrovare questa via della fragilità allora saranno sempre più autenticamente cristiane».