L’inizio dell’anno coincide con l’apertura delle iscrizioni a scuola. Tra le scelte che genitori e studenti sono chiamati a prendere c’è anche la partecipazione dei ragazzi all’Insegnamento della religione cattolica, oggi coperta da quasi seimila insegnanti nel territorio ambrosiano. Sul tema il responsabile diocesano del Servizio Irc, don Gian Battista Rota, offre una panoramica generale sui valori e il significato oggi di questa materia nella scuola, che impegna gli studenti per 33 ore all’anno e il doppio del tempo nella primaria.
Qual è il senso oggi dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole?
Oggi è un’occasione di confronto e dialogo sui principi etici e morali che da sempre accompagnano le civiltà. Infatti la disciplina dell’insegnamento della religione cattolica compartecipa con tutte le altre discipline al raggiungimento del “buon cittadino” in uscita dal ciclo scolastico. Sicuramente è una splendida opportunità per soffermarsi sulle grandi domande antropologiche che accompagnano la vita, a partire dalle risposte che le religioni hanno formulato nel passato e come ancora oggi possono essere uno sguardo sull’esistente, soprattutto nella fase in cui un alunno diventa vero uomo o vera donna.
E com’è cambiato nel tempo l’insegnamento?
Il grande cambiamento è stato nel 1984. Prima di quella data si chiamava solo insegnamento religioso, era fondamentalmente svolto dai parroci nella scuola elementare, tanto da essere chiamata «la mezz’ora del parroco», pochi erano i laici insegnanti nelle medie e alle superiori. Con la revisione del Concordato, lo Stato italiano ha riconosciuto il valore culturale della religione cristiana cattolica come fondamento della nostra società italiana. Da “Religione cattolica”, avente più affinità con un momento di catechesi, a “Insegnamento della Religione cattolica”: disciplina a tutti gli effetti, normata a livello nazionale da programmi (oggi indicazioni nazionali a motivo delle successive norme), avente libri di testo propri, un orario definito e garantito dallo Stato.
E nelle lezioni di tutti i giorni, che cosa è cambiato?
Innanzitutto le cattedre ai laici, che oggi sono pressoché la quasi totalità degli insegnanti. In classe non si parla dell’esperienza di fede personale, né del docente, né degli alunni, ma si mette a fuoco la cultura a partire dai documenti storici fino a includere e intercettare le differenti esperienze antropologiche che la pluralità di provenienza degli alunni oggi portano in classe. Come comparare i significati che emergono dalla struttura degli edifici religiosi, sinagoghe, chiese e moschee? Come decodificare quei simboli, che normalmente appaiono come “scontati” perché semplicemente li incontriamo passeggiando per le strade, per esempio come quelli che troviamo fuori e sulle vetrine delle farmacie? Che significato ha il bastone con i serpenti arrotolati? Solo conoscendo la vicenda di Mosè nel deserto è possibile avere contezza del senso, e questo non implica una adesione a una fede specifica, quanto invece una conoscenza che permette di interpretare la realtà che ci sta innanzi. Per non parlare poi di tutti quegli argomenti cosiddetti “interdisciplinari”: basti pensare come per studiare arte occorra la conoscenza della Bibbia o come per comprendere la Divina Commedia sia necessario conoscere il pensiero teologico medioevale nella sua concezione della salvezza tripartita tra inferno, purgatorio e paradiso: non a caso Dante dà questo nome a ciascuna delle tre Cantiche…
Anche perché nel frattempo sono aumentati gli studenti di religione non cattolica…
La pluralità di una presenza multietnica sul nostro territorio e la scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica anche da parte di chi non si professa cattolico indicano come questa disciplina è motivo di inclusione e di confronto tra la cultura italiana e quelle di provenienza dei diversi alunni, diventando così momento efficace di cammini che educhino a una cittadinanza attiva, tanto auspicata.
Come funziona la formazione di un insegnante di religione?
L’insegnante di religione cattolica, come qualsiasi docente, deve essere in possesso di un titolo di laurea magistrale in teologia e dimostrare di avere le capacità pedagogico-didattiche richieste in ambito scolastico. Il percorso per il raggiungimento del titolo richiesto dallo Stato prevede accurati studi: le lingue antiche (ebraico, greco e latino), la filosofia, la storia, il cristianesimo e le altre religioni, la pedagogia, la didattica, la legislazione scolastica e, ovviamente, l’evoluzione del pensiero teologico. Da questo percorso di studi si evince come l’insegnante di religione deve essere in grado di tessere un dialogo aperto con tutti. Ma a questo docente è richiesto anche di più. Infatti nella Diocesi di Milano il percorso per diventare insegnanti di religione comprende diverse fasi, tra cui anche un approfondimento psicologico ai fini dell’insegnamento, oltre a prove culturali e didattiche specifiche. Infatti oltre al titolo di studio è richiesta la cosiddetta “idoneità”, che caratterizza la persona come rispondente, oltre che al diritto civile, anche a quanto è richiesto dal diritto canonico.
Recentemente si è stipulata una nuova intesa tra Stato e Chiesa sugli insegnanti di religione…
Vero, si tratta di una intesa sul prossimo concorso per l’immissione al ruolo nelle scuole pubbliche statali. Si tratta di un passo molto significativo che dà ai docenti di religione cattolica l’opportunità di essere riconosciuti per la loro competenza e motivazione, che sicuramente mostreranno nell’affrontare questa prova, al pari dei colleghi delle altre discipline. Si ricordi che il primo e unico concorso per loro è stato bandito dallo Stato italiano nel lontano 2003.
C’è qualche progetto, anche degli anni passati, che descrive quello che può essere l’insegnamento della religione?
Mi è difficile individuare un progetto preciso perché la ricchezza e la pluriformità che emerge dal territorio della Diocesi è enorme. Certamente non posso non citare le uscite sul territorio per far conoscere le ricchezze del patrimonio artistico e culturale caratterizzato dai valori derivanti dal cristianesimo. Ricchezza grande sono tutte le iniziative che mettono in relazione le scuole con il territorio in cui sono inserite: in particolare, come non citare tutti i servizi di “doposcuola”, aperti a tutti, attuati dalle parrocchie in collaborazione con i docenti? Senza dimenticare tutte le attività che si vivono per esempio con la Caritas, che fanno raggiungere un livello di inclusione non “predicato” da una teoria, ma “generato” da un’esperienza vissuta insieme… Negli ultimi due anni, addirittura dal Servizio Nazionale si è stati sollecitati a una attenzione specifica al dialogo ebraico-cristiano e islamico-cristiano. Il sogno nel cassetto è che, soprattutto in questo periodo di iscrizioni per il prossimo anno scolastico, la coscienza piena dell’identità culturale della disciplina dell’insegnamento della religione cattolica possa aiutare a comprendere come sceglierla possa essere una ricchezza per la crescita valoriale e culturale degli alunni che sono il nostro futuro.