Di fronte all’arresto di un’intera famiglia italiana, convertitasi all’Islam e pronta a partire per il jihad in Siria, di fronte agli attentati terroristici di Tunisia, Francia e Kuwait, come reagiscono i musulmani che vivono nelle nostre città e vengono definiti «moderati»? Asfa Mahmoud, presidente del Consiglio Direttivo della Casa Musulmana di Milano, è molto scosso dai fatti, che condanna senza alcun tentennamento: «Per prima cosa tengo a sottolineare che io e la Casa della Cultura Islamica condanniamo tutti gli atti terroristici avvenuti per mano di fanatici e ribadisco che la nostra religione non ha niente a che vedere con questa gente. Sono persone che non agiscono in nome del vero Islam. Certamente le conseguenze delle loro azioni si avvertono anche nelle comunità musulmane al di fuori dei Paesi arabi e noi siamo molto preoccupati».
Cosa vi preoccupa? Vi sentite minacciati?
Non ci sentiamo minacciati, ma siamo molto preoccupati dal sempre crescente clima di sospetto nei nostri confronti. Le prime ad avvertirlo sono le donne musulmane velate, che si sentono molto più osservate per strada e vedono persone bisbigliare alle loro spalle. Storie di questo genere si avvertono soprattutto quando i fedeli si radunano in moschea per pregare e raccontano di aver sentito la gente parlare male dei musulmani. Questo clima è senz’altro fomentato dai mass media.
Non si tende a dare troppa colpa ai mass media? Comunque i terroristi fanno riferimento ai testi fondamentali dell’Islam…
I media dovrebbero negare il legame tra attentati terroristici e religione islamica. Il Corano dice che chi uccide un’anima – un’anima significa ogni persona, indipendentemente dalla religione – uccide tutta l’umanità. È sbagliato continuare a ripetere che si tratta di terrorismo “islamico”: il terrorismo è terrorismo, punto e basta!
Ritiene che ci sia un rischio attentati anche in Italia?
No! In Italia ci sono musulmani che vogliono lavorare, integrarsi. Non ci sono mai stati attentati qui, perché la comunità musulmana italiana cerca di vivere in pace.
Cosa pensa dei foreign fighters che, dall’Europa e anche dall’Italia, seppur in misura minore, partono per combattere con lo Stato Islamico?
Non conosco nessuna delle persone che partono per la Siria, non ne ho mai incontrate. A mio parere un italiano che si converte all’Islam dovrebbe essere ancora più pacifico di un musulmano di nascita. Non riesco proprio a capire questo fenomeno e penso che andrebbero verificati bene i fatti: questo sarà compito della Polizia. Nella nostra comunità ci sono anche italiani convertiti, ma non li conosco personalmente. Tra noi non ci sono fondamentalisti, la gente vive in pace: viene, prega e se ne va.
Nel clima di sospetto che avverte, come evitare di incrementare la paura?
Vorrei dire agli italiani: «Spegnete la tv!». I media alimentano l’odio tra le comunità, mentre la mentalità deve essere aperta e non condizionata. L’Islam è una religione che sa convivere e che rispetta i Paesi che ospitano i suoi fedeli, tra cui l’Italia. I musulmani italiani desiderano lavorare per contribuire allo sviluppo di questo Paese e integrarsi nella sua società.
«Spegnere la tv», ma poi?
Il dialogo. Un dialogo per conoscere veramente le persone appartenenti a fedi diverse. A Milano abbiamo creato il Forum delle Religioni, con il quale promuoviamo attività per incontrare i nostri amici e fratelli cristiani e delle altre religioni presenti nella nostra città. Bisogna imparare a guardare quello che sta succedendo davvero nella nostra società, non soltanto ciò che i media vogliono farci guardare, ovvero l’Islam come una religione di sangue.