«Una bella occasione per celebrare il valore e la dignità del servizio, lo stile più alto del vivere, che pone gli altri prima delle proprie aspettative”. Così Papa ha definito il conferimento del Premio internazionale Paolo VI al presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, avvenuto questa mattina nella Sala Clementina, alla presenza del Capo dello Stato e dei membri dell’Istituto Paolo VI di Brescia. Istituto al quale il Papa ha espresso «riconoscenza per il prezioso lavoro che svolge nella cura della memoria di Papa Montini. I suoi scritti e i suoi discorsi sono una miniera inesauribile di pensiero e testimoniano l’intensa vita spirituale da cui è sgorgata la sua azione di grande Pastore della Chiesa».
«Come fare dell’agire politico una forma di carità e, d’altra parte, come vivere la carità, cioè l’amore nel senso più alto, all’interno delle dinamiche politiche? – si è chiesto Francesco sulla scorta del Concilio -. Credo che la risposta risieda in una parola: servizio. San Paolo VI disse che quanti esercitano il potere pubblico devono considerarsi “come i servitori dei loro compatrioti, con il disinteresse e l’integrità che convengono alla loro alta funzione”. E sentenziò: “Il dovere del servizio è inerente all’autorità; e tanto maggiore è tale dovere quanto più alta è tale autorità”. Eppure, sappiamo bene quanto ciò non sia facile e come la tentazione diffusa, in ogni tempo, anche nei migliori sistemi politici, sia di servirsi dell’autorità anziché di servire attraverso l’autorità – il monito del Papa -. Com’è facile salire sul piedistallo e com’è difficile calarsi nel servizio degli altri!».
«Vorrei chiedere all’Istituto Paolo VI di consegnare la somma legata al premio alla Comunità Giovanni XXIII nata in Romagna: alcune delle sue case di accoglienza sono state gravemente colpite giorni scorsi – ha detto il Presidente -. Credo di poter confidare che quando mi è stata comunicata la decisione di conferirmi il premio Paolo VI il mio primo pensiero è stato di sorpresa. Naturalmente si è subito affiancato un sentimento di profonda gratitudine per questo riconoscimento di così grande prestigio. Ancor di più ho avvertito un sentimento di riconoscenza al massimo grado nell’apprendere la disponibilità del Santo Padre a consegnarmelo personalmente».
«Il popolo italiano non dimentica la sua rinuncia al meritato riposo»
«Il popolo italiano non dimentica la sua rinuncia al meritato riposo fatta in nome del servizio richiestole dallo Stato. Una settimana fa ha voluto omaggiare, in occasione dei 150 anni dalla morte, quel grande italiano e cristiano che fu Alessandro Manzoni, capace di intessere con le parole la pregiata stoffa di valori sociali, religiosi e solidali del popolo italiano – ha ricordato Francesco -. Paolo VI lo definì genio universale, tesoro inesauribile di sapienza morale, maestro di vita».
«Anch’io custodisco nel cuore tanti suoi personaggi – ha rivelato il Papa -. Penso al sarto, che racconta la buona laboriosità di chi concepisce la vita come il tempo dato al singolo per accrescere il bene altrui, per “industriarsi, aiutarsi, e poi esser contenti”. Perché servire crea gioia e fa bene anzitutto a chi serve. Per dirla ancora con il Manzoni: “Si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio”». «Ma il servizio rischia di restare un ideale piuttosto astratto senza una seconda parola che non può mai esserle disgiunta: responsabilità – ha denunciato Francesco -. Il servizio cammina a pari passo con la responsabilità. Essa, come indica la parola stessa, è l’abilità di offrire risposte, facendo leva sul proprio impegno, senza aspettare che siano altri a darle». «Quante volte, Signor Presidente, prima con l’esempio che con le parole, Lei lo ha richiamato!», l’omaggio del Santo Padre: «Anche in questo non si può che notare una feconda affinità con Giovanni Battista Montini, che fin da giovane prete fu educatore di responsabilità».
«Troppo facile scaricare sugli altri la responsabilità»
«È troppo facile scaricare sugli altri la responsabilità delle ingiustizie, se non si è convinti allo stesso tempo che ciascuno vi partecipa e che è necessaria innanzi tutto la conversione personale». ha detto il Papa, citando una frase di papa Montini.
«Sono parole che mi sembrano molto attuali oggi – ha proseguito Francesco – quando viene quasi automatico colpevolizzare gli altri, mentre la passione per l’insieme si affievolisce e l’impegno comune rischia di eclissarsi davanti ai bisogni dell’individuo; dove, in un clima d’incertezza, la diffidenza si trasforma facilmente in indifferenza». «La responsabilità, invece, come ci mostrano in questi giorni tanti cittadini dell’Emilia Romagna, chiama ciascuno ad andare controcorrente rispetto al clima di disfattismo e lamentela, per sentire proprie le necessità altrui e riscoprire sé stessi come parti insostituibili dell’unico tessuto sociale e umano a cui tutti apparteniamo», ha spiegato il Papa, che a proposito di responsabilità ha menzionato anche «quella componente essenziale del vivere comune che è l’impegno per la legalità», la quale «richiede lotta ed esempio, determinazione e memoria, memoria di quanti hanno sacrificato la vita per la giustizia; penso a suo fratello Piersanti, Signor Presidente, e alle vittime della strage mafiosa di Capaci, di cui pochi giorni fa si è commemorato il trentennale».
«Parlare di pace oggi è urgente»
«Un coerente maestro di responsabilità», che è l’opposto dell’«egoismo collettivo». Così il Papa ha definito il presidente Mattarella. Paolo VI, ha osservato Francesco, «notava che nelle società democratiche non mancano istituzioni, patti e statuti, ma manca tante volte l’osservanza libera e onesta della legalità» e che lì l’egoismo collettivo insorge». San Paolo VI, ha proseguito il Papa, «sentì l’importanza della responsabilità di ciascuno per il mondo di tutti, per un mondo diventato globale. Lo fece parlando di pace – quanto è urgente oggi! –, lo fece esortando a lottare senza rassegnarsi di fronte agli squilibri delle ingiustizie planetarie, perché la questione sociale è questione morale e perché un’azione solidale dopo le guerre mondiali è veramente tale solo se è globale». Oltre cinquant’anni fa, inoltre, papa Montini «avvertì l’urgenza di fronteggiare le sfide climatiche, davanti alla minaccia di un ambiente che – scrisse – sarebbe diventato intollerabile all’uomo in conseguenza della distruttiva attività dell’uomo stesso che, spadroneggiando sul creato, si sarebbe trovato a non padroneggiarlo più. E precisò: “A queste nuove prospettive il cristiano deve dedicare la sua attenzione, per assumere, insieme con gli altri uomini, la responsabilità di un destino diventato ormai comune”».
«I giovani vedono in lei un maestro»
«Il senso di responsabilità e lo spirito di servizio stavano per San Paolo VI alla base della costruzione della vita sociale. Egli ci ha lasciato l’impegnativa eredità di edificare comunità solidali – ha proseguito Francesco -. Era il suo sogno, che si scontrò con vari incubi diventati realtà – penso alla terribile vicenda di Aldo Moro; era il desiderio ardente che portava nel cuore e che espresse nei termini di “comunità di partecipazione e di vita”, animate dall’impegno a “prodigarsi per costruire solidarietà attive e vissute”».
Per il Papa, «non sono utopie, ma profezie; profezie che esortano a vivere ideali alti. Perché di questo oggi hanno bisogno i giovani. E sono lieto, Signor Presidente, di farmi strumento di riconoscenza a nome di quanti, giovani e meno giovani, vedono in Lei un maestro, e soprattutto un testimone coerente e garbato di servizio e di responsabilità. Ne sarebbe lieto Papa Montini, del quale mi piace ripetere, infine, alcune parole tanto note quanto vere: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”».