Il vento del 1921 porta tra noi un soffio, la leggerezza quasi di un passo di danza di Sophie Magdalena Scholl, la ragazza del gruppo della Rosa Bianca (Weiße Rose), che preparò e diffuse volantini antinazisti a Monaco, pagando con la vita la scelta di opporsi al potere. Il 9 maggio è il centesimo compleanno di Sophie che, a soli 21 anni, fu condannata a morte a causa della scelta di contrastare il regime.
L’abbaglio dei falò
Era facile diventare nazisti nella Germania degli anni Trenta.I fratelli maggiori di Sophie, Hans e Werner, nel 1933 avevano aderito alla Gioventù Hitleriana (Hitlerjugend). In una adunata del Partito nazionalsocialista a Ulm avevano giurato sulla nuova fedeltà: «Ein Gott! Ein Führer! Ein Volk!» («un Dio, un Führer, un Popolo»). La cerimonia si era conclusa con un grande falò. Come sperimenteranno i fratelli Scholl e giovani appartenenti ad altre confessioni cristiane, quel dio invocato era a uso e consumo della propaganda. Contro gli ebrei. Contro i nemici del popolo. Un dio che doveva ricorrere a un Führer quale guida suprema per condurre la “razza superiore” verso il suo destino.
Nell’aprile del 1934 anche Sophie aderì alla Gioventù Hitleriana, attratta dalle promesse di un futuro radioso che attendeva la nuova Germania. La propaganda del Reich era diventata sempre più assordante, gli oppositori al regime erano stati progressivamente eliminati o ridotti al silenzio.
Il fuoco fu un elemento non solo simbolico per l’ascesa del nazionalismo: dall’incendio del Reichstag ai roghi dei libri, per poi giungere al fuoco che divorerà le sinagoghe e a quelli che divamperanno durante la guerra.
Gli studenti a Monaco
«A volte la guerra mi terrorizza e sembra che ogni speranza debba svanire. Vorrei non pensarci ma sembra non esserci nient’altro che la politica e fintanto che essa sarà così confusa e malvagia è da vigliacchi girarsi dall’altra parte» (da una lettera di Sophie a Fritz Hartnagel, 9 aprile 1940).
Poi arriva l’inizio della guerra: attesa, temuta. A maggio del 1942 Sophie raggiunge suo fratello Hans a Monaco. Il suo compleanno è la prima occasione per conoscere nuovi amici, perlopiù studenti universitari di Medicina destinati a essere distaccati come personale medico dell’esercito. Insieme ad altri studenti promuovono serate di letture e di approfondimento nel segno della convivialità.
È l’occasione per condividere testi e riflessioni, anche in una prospettiva ecumenica: la famiglia di Hans e Sophie è di confessione luterana, quella di Willi Graf è cattolica, Alexander Schmorell ha ricevuto il battesimo con il rito della Chiesa ortodossa russa, Christoph Probst sarà battezzato dal cappellano del carcere poco prima di essere ghigliottinato. Le Chiese (da quella cattolica a quella evangelica) appoggiano, con poche eccezioni, l’ascesa di Hitler, in nome di una lotta al pericolo bolscevico, e non si oppongono apertamente alla politica antisemita. Poche le voci critiche, tra cui quelle del pastore Dietrich Bonhoeffer e dell’arcivescovo di Münster Clemens von Galen.
Il gruppo che si ritrova a Monaco mantiene i contatti con persone e realtà in altre città. Con il sostegno di una piccola rete, c’è la possibilità di far circolare le idee, di tessere legami, di condividere emozioni e pensieri, per resistere in tempi oscuri.
È il momento di agire. Hans Scholl e Alex Schmorell iniziano a scrivere i primi volantini della Rosa Bianca.
Un grido di libertà
«Per un popolo civile non vi è nulla di più vergognoso che lasciarsi ” governare”, senza opporre resistenza, da una cricca di capi privi di scrupoli e dominati da torbidi istinti» (dal primo volantino della Rosa Bianca, giugno 1942).
I volantini recuperano le parole “scippate” dal regime e svuotate di significato. Le parole “resistenti” della Rosa Bianca sono un richiamo a «strappare il manto dell’indifferenza», a stare in piedi dinanzi al potere per denunciare la malvagità delle scelte disumane e dei crimini commessi dal regime nazista.
I primi volantini sono riprodotti in un centinaio di copie. In fondo a ognuno, l’invito a una condivisione social: «Vi preghiamo di ciclostilare questo foglio nel maggior numero possibile di copie e di diffonderle». Del quinto e del sesto volantino, preparati agli inizi del 1943, verranno ciclostilate alcune migliaia di copie per garantire una maggiore diffusione.
Nel febbraio del 1943 si intensificano le azioni di contestazione. A Monaco compaiono scritte contro Hitler e contro la guerra. Il 18 febbraio Hans e Sophie distribuiscono i volantini dentro l’Università di Monaco. Lo ritengono un gesto estremo, ma necessario per fare sollevare gli studenti.
Vengono arrestati e interrogati. Il 22 febbraio, in un processo farsa, sono condannati a morte insieme all’amico Christoph Probst. «Libertà!», grida Hans prima di essere condotto al patibolo. «Libertà!», scrive Sophie dietro il suo capo d’accusa. L’efficiente ghigliottina del Reich quel pomeriggio è impiegata per tre esecuzioni in sette minuti: Sophie Scholl (21 anni), Hans Scholl (25 anni), Christoph Probst (24 anni, padre di 3 figli). Seguiranno altri processi: verranno condannati a morte Willi Graf, Alexander Schmorell e il professor Kurt Huber, che avevano partecipato al gruppo originario.
Tutto finito?
I volantini circoleranno in diverse città della Germania anche dopo quei tragici giorni di febbraio, e giungeranno attraverso canali diversi in altre città d’Europa. In fondo ai volantini comparirà la scritta «il loro spirito vive ancora». I giovani della Rosa Bianca attraverso i loro scritti si sono fatti voce di una coscienza che si è ribellata davanti alle ingiustizie e alle barbarie.
Attraverso l’ansia di libertà e di giustizia, attraverso la ricerca della bellezza da parte di Sophie e degli altri giovani della Rosa Bianca riceviamo una consegna importante con le parole di Franz Josef Müller, attivista del gruppo della Rosa Bianca di Ulm, già presidente della Weiße Rose Stiftung di Monaco: «Ai ragazzi di oggi vorrei dare questo consiglio: non tacete, quando vedete un’ingiustizia. E poi cercatevi degli amici che pure non vogliano tacere. Questa è stata la storia della Rosa Bianca».