«Come Vescovi offriamo ancora una volta il nostro servizio per mediare e costruire ponti di incontro. La Chiesa deve essere veramente solidale con l’intera umanità e la sua storia». La Conferenza episcopale peruviana mette in campo la propria disponibilità per dare un contributo alla soluzione della crisi politica e sociale del Paese, di fronte alle proteste delle ultime settimane e alle violenze che hanno provocato la morte di oltre cinquanta persone. I manifestanti continuano a chiedere le dimissioni della presidente Dina Boluarte, subentrata a Pedro Castillo dopo il fallito golpe, e immediate nuove elezioni.
Un cambio di rotta
I vescovi del Perù, nel messaggio diffuso nei giorni scorsi, a conclusione della propria assemblea plenaria, vedono «con grande dolore il duro confronto politico e sociale nel nostro Paese. Deploriamo la violenza scatenata perché la violenza genera solo altra violenza. La morte di oltre 50 fratelli e sorelle peruviani è una ferita profonda nel cuore del nostro popolo, così come la sofferenza di tutti i feriti, civili e poliziotti. Questo richiede un deciso cambio di rotta: vogliamo la pace».
Certamente, prosegue la nota, «queste atrocità che hanno portato il lutto nel Paese non possono rimanere impunite. I responsabili devono essere prontamente indagati e i responsabili devono essere identificati e puniti». Tuttavia, «in Perù c’è bisogno di tutti per costruire il Paese. Basta con la polarizzazione, basta con gli scontri, basta con gli scontri. Questa situazione richiede dialogo, ascolto e decisione. È tempo che le autorità e tutti gli attori politici si impegnino responsabilmente, in modo da trovare una via d’uscita consensuale da questa grave crisi».
Scrivono ancora i vescovi peruviani: «È tempo di alzare lo sguardo e di muoversi verso un incontro e una riconciliazione con la giustizia. Il Paese non deve continuare a vivere nell’ansia, nella paura e nell’incertezza. Assumiamo l’impegno di ricostruire il Perù e chiediamo anche alla società civile di assumersi le proprie responsabilità».