Quasi 150 miliardi (147,7 miliardi di euro, per l’esattezza) di raccolta dall’azzardo, nel 2023: una situazione esplosiva, che è stata denunciata con forza, nei giorni scorsi, a Roma, dalla Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II e dalla campagna “Mettiamoci in gioco”, che hanno presentato una serie di proposte per frenare il fenomeno e tutelare la salute dei cittadini. “L’azzardo umilia le persone, toglie dignità. C’è tanta sofferenza e solitudine col rischio che aumenti la dipendenza. L’azzardo è tra le preoccupazioni della Chiesa italiana”, ha detto il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, intervenendo all’incontro, durante il quale ha chiesto di “trovare modi per liberare tante persone che hanno perso la propria dignità”. Dopo la presentazione delle proposte abbiamo parlato con Luciano Gualzetti, presidente della Consulta nazionale antiusura, oltre che presidente della Fondazione San Bernardino onlus e direttore di Caritas Ambrosiana.
Nel 2023 è esorbitante la cifra della raccolta…
Sì, quasi 148 miliardi raccolti dall’azzardo nel 2023, ma non solo: le proiezioni e gli obiettivi che le aziende e chi gestisce il comparto del gioco d’azzardo si è dato dicono di arrivare a 200 miliardi entro il 2030. Teniamo conto che la spesa sanitaria in Italia è di 131 miliardi e quella della scuola è di 50 miliardi, quindi stiamo parlando di una raccolta di fondi che supera ampiamente gran parte dell’attività dello Stato su comparti fondamentali come scuola e spesa sanitaria.
Prevale l’azzardo online o quello fisico?
L’online ha superato il fisico nel periodo Covid: ora siamo a 82 miliardi di online e 65 di gioco fisico. L’esplosione dell’online preoccupa molto perché coinvolge le fasce deboli, per esempio minori che possono giocare tutto il giorno e in tutti i posti. Inoltre, c’è una velocità ben superiore di quella della giocata fisica, molto più preoccupante e penetrante anche riguardo al problema del gioco d’azzardo patologico.
Quanti sono i giocatori problematici?
Le persone che dichiarano di giocare più di una volta alla settimana o che addirittura sono “dipendenti” dall’azzardo sono circa 5 milioni sui 18 milioni di giocatori totali. I 150 miliardi raccolti nel 2023 sono garantiti per l’80% da questi 5 milioni di persone problematiche, alcune delle quali già dipendenti. È chiaro che più sei patologico, più giochi frequentemente e più spendi.
Un quadro allarmante…
Il quadro è preoccupante, ma quello che preoccupa ancora di più è la sottovalutazione di questo quadro, anzi c’è chi, come le aziende e lo Stato, punta ad aumentare l’offerta di gioco per guadagnare di più. Se l’obiettivo è il guadagno, la raccolta erariale – pensiamo alle lotterie che vengono messe in campo dallo Stato quando ci sono le alluvioni -, è chiaro che è un cane che si morde la coda. Noi diciamo: questa situazione è preoccupante, ricade sulle persone più fragili, che rimangono intrappolate in una vera e propria dipendenza e poi vanno curate, eppure c’è chi spinge ancora di più con le offerte, con grandi danni per i fragili, i più deboli. E quando dico che aumentano le offerte di gioco, ricordiamo che ci sono 16 milioni di conti di gioco online, una serie infinita di lotterie istantanee, scommesse, gratta e vinci, slot, Vlt, sale bingo. Addirittura, con la scusa che è tutto online, si vogliono togliere quegli argini che nel gioco fisico erano le distanze da luoghi sensibili come scuole, chiese, oratori, così riparte anche il gioco fisico.
Si continua, poi, a parlare di “gioco” d’azzardo…
Infatti, bisogna precisare che l’azzardo non è un gioco, non è un divertimento, si usano soldi, in genere vince sempre il banco, s’impoveriscono le persone, s’indebitano, rischiano di entrare in usura, si rovinano, si isolano, tirano dentro tutta la famiglia perché annullano il patrimonio familiare, i danni sociali sono enormi. Eppure, c’è chi dice che non c’è niente di male, viene offerto questo “divertimento” a chi si vuole divertire, senza capire che c’è un continuo tra la giocata innocente, che tra l’altro viene proposta anche ai minori, e la vera e propria dipendenza. Il limite è anche legato alle singole persone, a vicende e contesti, ma non c’è il gioco d’azzardo innocente e quello che fa male, dando la colpa alla persona che non è in grado di fermarsi. Noi diciamo che al primo posto devono esserci la salute e il benessere dei cittadini, in subordine le entrate erariali e quelle del privato che fa affari nel comparto, mentre assistiamo a un ribaltamento delle priorità. Nell’incontro promosso a Roma dalla Consulta nazionale antiusura e da Mettiamoci in gioco, il card. Zuppi ha detto in maniera chiara che l’azzardo mina la dignità delle persone, soprattutto dei più fragili. Uno Stato dovrebbe partire dal difendere i diritti dei deboli; invece, si promuove un comparto che mina la dignità delle persone e nessuno ascolta il nostro grido di allarme, anzi si va avanti a enfatizzare che il gioco non fa male, che il gioco può essere promosso, con le campagne del gioco responsabile, che si può togliere il divieto di pubblicità.
Perciò avete lanciato delle proposte?
Di fronte a tutto ciò ci ribelliamo e diciamo chiaramente che è un modo di fare che non va assolutamente in linea con la responsabilità dello Stato nei confronti delle persone fragili, della collettività che deve prevenire queste situazioni, dei media che non devono usare parole come gioco responsabile e ludopatia ma dire che è azzardo e disturbo da gioco d’azzardo. Abbiamo lanciato il nostro appello a tutti coloro che hanno delle responsabilità perché nelle audizioni che abbiamo fatto in Parlamento ha prevalso la voce degli interessi economici delle concessionarie. Addirittura è passata l’idea della compartecipazione al gettito di slot e Vlt da parte degli enti locali e delle Regioni, così non possono fare più politiche di contrasto o di argine al fenomeno. Siamo veramente sconcertati rispetto a questo tipo di impostazione e abbiamo alzato la voce per far sentire il grido di allarme condiviso non solo da noi: il presidente della Cei ci ha detto che la Chiesa è molto preoccupata, ci ha raccomandato di andare avanti insieme perché è una lotta di tutti per tutti perché si stanno raggiungendo dei limiti impensabili solo 10 anni fa.
Come si combatte questa situazione?
Intanto con la prevenzione, bisogna educare le persone a un uso responsabile dei propri soldi, far capire che il gioco non è una soluzione. Come Caritas incontriamo le persone più fragili economicamente che pensano di risolvere i loro problemi con il gratta e vinci o con le scommesse, un’illusione! C’è un problema culturale enorme. Poi bisogna denunciare quando ci sono delle politiche che favoriscono certi interessi. Arrivo a dire che certe modalità di proposta del gioco d’azzardo è una vera e propria induzione intenzionale alla dipendenza per un tornaconto economico. Sull’online abbiamo questa grossa preoccupazione per la pervasività capillare, ad esempio le persone mentre guardano la partita sono raggiunte da decine di possibilità di scommesse; ci sono degli psichiatri che prescrivono ai propri pazienti di non guardare più le partite perché scattano i meccanismi di gratificazione rispondendo a queste proposte di scommesse. Si deve vietare la pubblicità che comunica le vincite o di gioco responsabile, direttamente sui device.
Il modo di agganciare nuove vittime è diventato, quindi, più aggressivo?
Certo, perché può essere raggiunta la persona non solo con la pubblicità che passa in televisione ogni tanto oppure su un cartellone, ora l’invito a giocare arriva sul telefonino, in qualsiasi momento della giornata, sul lavoro come la sera a casa. Bisogna trovare un modo per una tracciabilità di queste proposte e delle vincite per capire dove vanno a finire. Dovrebbero essere inventate o proposte delle modalità che contrastano questo modo di invitare al gioco. Inoltre, bisognerebbe introdurre non più il distanziometro fisico ma il distanziometro temporale, dopo una giocata dovrebbero passare almeno dei minuti, ora invece è compulsivo: dopo 30 secondi si riceve un’altra proposta e così di seguito, come con le macchinette. Non ci si rende conto di quello che sta succedendo. Noi incontriamo persone che non vengono da noi perché ammettono che il loro problema è il gioco d’azzardo, ma se uno è indebitato, ha fatto fuori tutto il conto corrente suo e della moglie, è ricorso al compro oro, cerchiamo di capire la causa e alla fine scopriamo che è un giocatore patologico, è chiaro che non possiamo fare l’intervento economico che ci chiedono, lo invitiamo a curarsi nel gruppo di auto mutuo aiuto o al Sert, poi lo aiutiamo a mettere a posto l’aspetto economico. Il vero problema è il gioco d’azzardo, se gli diamo i soldi, poi li gioca. Qui scatta il meccanismo tipico della tossicodipendenza: il tossicodipendente ha fame di soldi per comprare la sostanza e il giocatore per poter giocare e provare quell’ebrezza che gli dà la puntata, neanche la vincita, la persona è gratificata dal fatto che punta, ma alla fine i soldi terminano, così li ruba in casa, con tutti i danni sociali ed economici che ci possono essere.
Dopo la presentazione delle vostre proposte cosa vi aspettate?
Insieme ad alcuni parlamentari abbiamo condiviso la necessità di tornare alla carica dal punto di vista del legislatore, si è creato un gruppo interparlamentare abbastanza trasversale, ci sono tutte le forze politiche, dove vogliamo portare le nostre istanze e far in modo di arrivare a una legge quadro sul comparto che tiri dentro sia l’online sia il gioco fisico e che metta al primo posto la salute dei cittadini e non gli interessi dei privati. Noi su questo non molliamo anche se non siamo stati ascoltati fino ad adesso; capiamo che dall’altra parte ci sono interessi economici enormi che riescono a far sentire il loro peso nelle scelte, è una lotta abbastanza impari, ma noi incontriamo le persone e segnaliamo che non si può andare avanti così e lo faremo con tutta la voce che ci resta e negli spazi che ci daranno.
Prima parlava dell’importanza della prevenzione…
Sì, occorre una grossa azione preventiva e culturale e qui entra in gioco anche la Chiesa. Caritas italiana a settembre presenterà un kit di strumenti educativi, di promozione di una cultura diversa. Quindi, tutte le Caritas sul territorio nazionale saranno impegnate in questa attività di prevenzione e educazione, insieme alle Fondazioni antiusura che già lo stanno facendo perché incontrano persone indebitate ormai da vent’anni. Bisogna incidere anche sui mass media, come dicevo prima anche la questione della terminologia è importante, oltre alla necessità di far conoscere queste preoccupazioni perché c’è una sottovalutazione di quello che sta succedendo.