«Oggi più che mai, è urgente l’intervento congiunto di tutti i capi di Governo per scongiurare la guerra, e perché venga difeso il diritto internazionale, l’indipendenza e la sovranità territoriale di ciascun Paese. Insieme al Santo Padre, vogliamo chiedere ai governanti di “trovare soluzioni accettabili e durature in Ucraina”».
In queste ore cruciali in cui le diplomazie mondiali sono alla ricerca difficilissima di una via possibile di dialogo per scongiurare il ricorso delle armi in Ucraina, arriva anche l’appello, a nome di tutti i vescovi del continente europeo, di monsignor Gintaras Linas Grusas, arcivescovo di Vilnius (Lituania) e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee). Il Sir lo ha intervistato in vista dell’Incontro dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo che si terrà la prossima settimana a Firenze dal 23 al 27 febbraio, ma inevitabilmente il discorso cade subito sui venti di guerra che soffiano a Est dell’Europa.
Ci racconti come i popoli di quella Regione, della sua terra, stanno vivendo questo periodo di minaccia. Quali le paure, le preoccupazioni?
Credo che l’attuale crisi al confine tra Russia e Ucraina sia la più pericolosa in Europa dalla fine della guerra fredda. Non possiamo considerare un tale conflitto limitato unicamente ai soli due popoli che si trovano in quello scenario, ma riguarda tutta l’Europa a cominciare dai Paesi più vicini. Ogni conflitto, ogni guerra porta sofferenza, distruzione e povertà, insieme a morti e feriti. In Lituania, ci sono molte persone anziane sopravvissute alla seconda guerra mondiale che ricordano quanto hanno vissuto sulla propria pelle. Sono tracce del nostro passato di cui siamo molto consapevoli e gettano un’ombra anche sulla situazione attuale e su un inevitabile allargamento del conflitto. Conosciamo i pericoli connessi e vogliamo fare di tutto per evitarli. I vescovi lituani hanno chiesto a tutte le persone in Lituania di pregare il rosario ogni giorno a febbraio per la pace in Europa e nel mondo. Tutti i vescovi europei e le comunità cristiane sono vicini a quanti soffrono a causa di questi drammatici momenti di tensione con la preghiera di tutta la Chiesa e con un forte appello ai responsabili delle Nazioni perché si impegnino a risolvere il problema attraverso il dialogo e i negoziati, senza ricorrere alle armi.
Come si salva la pace, raggiunta così a fatica dopo due guerre mondiali nell’ultimo secolo?
Papa Francesco, in una recente intervista, ci ricordava che la guerra è «un controsenso della creazione» perché è sempre distruzione. E, nell’Incontro di Bari, ha affidato ai vescovi dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo l’opera di riconciliazione e di pace: «Ricostruire i legami che sono stati interrotti, rialzare le città distrutte dalla violenza, infondere speranza a chi l’ha perduta ed esortare chi è chiuso in sé stesso a non temere il fratello». Non possiamo rimanere indifferenti ai continui tentativi di destabilizzazione e distruzione che attentano alla unità del nostro continente. Alla fine del 2021, abbiamo assistito all’ammassamento di migranti ai confini della Bielorussia con Polonia, Lituania e Lettonia usati come scudi umani per destabilizzare la situazione in quella che è stata definita una nuova guerra ibrida. Ora assistiamo a un’escalation della tensione al confine tra Russia e Ucraina per ragioni geopolitiche ed economiche. È necessario mantenere una “linea dura di deterrenza”. Finché i Paesi europei rimarranno uniti, penso che la deterrenza funzionerà. C’è un detto che dice: l’unione fa la forza. Nel nostro caso, l’unione fa anche la pace. Insieme a papa Francesco affidiamo all’intercessione della Vergine Maria, Madre d’Europa, e alla coscienza dei responsabili politici ogni sforzo per la pace.
Mediterraneo: frontiera di pace. Quanto la pace, anche nel Mediterraneo, è minacciata oggi? È possibile costruire una pace a pezzi in Europa o il destino dei popoli europei e del Mediterraneo è unico?
Da sempre il Mediterraneo è luogo di scambi economici, culla di civiltà e cultura, collegamento tra i popoli che si affacciano su di esso. In passato, è stato anche teatro di battaglie e di scontri politici e religiosi. La vicinanza fra le sue sponde ha consentito continui flussi migratori, ma, ahimè, la mancanza di una vera politica migratoria europea lo ha trasformato nel cimitero più grande d’Europa. Servono risposte adeguate ed efficaci alle sfide poste dalla migrazione contemporanea, risposte condivise a livello europeo, che garantiscano l’accoglienza di tanti nostri fratelli che scappano da guerre, povertà e violenze e, allo stesso tempo, permettano una loro integrazione nelle nostre comunità, a partire dai quattro verbi utilizzati da papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Non possiamo pensare che ciò che accade nel Mediterraneo riguardi soltanto i Paesi bagnati dal suo mare. Nel bene e nel male, le sue ripercussioni riguardano tutti, abbiamo un destino comune. Ecco perché è necessario l’impegno di tutti, a ogni livello, perché il Mediterraneo torni a essere crocevia di dialogo e laboratorio di pace.
Quale voce vuole portare ai vescovi e ai sindaci riuniti a Firenze?
L’esempio di Giorgio La Pira che invita a Firenze i sindaci delle capitali del mondo per siglare un patto di amicizia e il suo impegno per la pace, con la realizzazione dei Colloqui mediterranei, possono essere per noi tutti il punto di partenza per un impegno fattivo a favore della pace: incontrarsi, conoscersi, dialogare sono elementi costitutivi della pace. Insieme al superamento degli interessi di parte, alle manie personali di protagonismo e alla bramosia di denaro e potere. L’incontro dei vescovi e dei sindaci è l’occasione per lavorare insieme all’edificazione del bene comune e all’individuazione di soluzioni comuni alle problematiche presenti. Abbiamo l’opportunità di impegnarci e dialogare per costruire la pace in un’area cruciale per il mondo intero.
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