A pochi giorni dall’alluvione che a Genova ha colpito e devastato in particolare i quartieri di Quezzi, Marassi e San Fruttuoso è difficile dire quale sia il sentimento prevalente camminando lungo le strade dove l’onda di piena ha spazzato via – come birilli – vite umane e veicoli, e ha distrutto centinaia di auto, scooter, esercizi commerciali, fondi, magazzini, scantinati, garage. Un’onda d’acqua e fango che in pochi istanti ha spezzato la vita di quattro donne e due bambine e ha portato con sé i sogni e risparmi di una vita di migliaia di genovesi. Impossibile ancora quantificare i danni, anche se le prime stime parlano di 7 milioni per i soli edifici pubblici e di almeno 100 milioni di danni alle imprese. Senza contare quelli dei privati e delle famiglie.
Migliaia di volontari con le istituzioni
Una grande dignità, tanta voglia di ricominciare e numerosi gesti di solidarietà sono, forse, gli aspetti che più colpiscono. Domenica 6 novembre è stata la giornata degli “angeli del fango”. Migliaia di volontari, genovesi e non, che hanno lavorato con guanti, pale e secchi per portare via tonnellate di detriti e fango dalle strade, dai negozi e dai fondi. Centinaia i genovesi, giovani e meno giovani, che si sono messi a disposizione delle autorità per prestare la loro opera. Coordinati dalla Protezione Civile sono arrivati i “Camalli” del Porto, numerose associazioni, gli scout.
Francesco Massa, insieme a Irene Rapallo, coordina gli scout Agesci della Liguria. «Siamo qua – ha spiegato – con 150 volontari organizzati con pale, radio e autonomi nel cibo e negli spostamenti e stiamo dando una mano coordinati dalla Protezione Civile». «I ragazzi che sono con noi sono tutti maggiorenni. Siamo suddivisi in piccole squadre e ci spostiamo dove la Protezione Civile ci chiede. Veniamo dalla Provincia di La Spezia dove, nei giorni scorsi, abbiamo operato principalmente a Borghetto Vara».
Sono qui perché sono scout
Marcello Guglietti, Federico Avanzini e Chiara Sartore sono tre giovani scout di Genova che in questi giorni hanno deciso di aiutare gli altri. «Abito a 200 metri da Corso Sardegna – ha detto Marcello, 23 anni – e ho scelto di essere qua oggi perché Genova è la mia città e mi sembra corretto tenerla il più possibile pulita e in ordine, oltre che aiutare chi ha bisogno». Federico, di un anno più grande, ha spiegato così il senso della sua presenza: «Abito a San Martino, un quartiere che non è stato toccato dall’alluvione, ma credo che il mio aiuto possa essere utile in questo quartiere dove c’è chi ha bisogno». “Sono venuta qua – ha affermato invece Chiara, anche lei di 24 anni – perché, come scout, è il nostro modo di vivere e fare servizio e di prestare aiuto a coloro che ne hanno bisogno”. Accanto a questi giovani operano i “professionisti” del Comune e della Protezione Civile. Idrovore e camion della spazzatura si alternano lungo le strade ancora intasate da rifiuti.
L’urlo di suor Giselda
Suor Giselda è l’economa delle Suore di Maria Ausiliatrice all’incrocio tra Via Ferreggiano e Corso Sardegna, dove l’onda di piena ha colpito in maniera più violenta. Venerdì mattina si trovava vicino al cancello in attesa dell’uscita degli studenti ed è stata lei a urlare a bambini e genitori di salire ai piani alti dell’Istituto per mettersi in salvo. «In dieci minuti – ha spiegato – è entrato un fiume d’acqua. Abbiamo perso il refettorio, le cucine, i magazzini, materiale didattico, i depositi della chiesa». «È troppo presto per quantificare i danni – ha aggiunto -, ma di certo sono ingenti. I muri sono impregnati d’acqua. Nei fondi un muro è anche crollato». Per fortuna dopo i danni non è mancata la solidarietà. «Sabato mattina – ha spiegato – sono arrivate tantissime persone, gruppi interi, gli alunni del liceo con i loro genitori, ex alunni. Tutti che ci hanno aiutato. È stata una solidarietà che non ci saremmo aspettati, tanto che in due giorni abbiamo ripulito quasi tutto».
Riflessione e preghiera
Accanto alla solidarietà domenica è stato il giorno della riflessione e della preghiera. Preghiera di suffragio per le vittime e di speranza per i loro familiari. Don Adalberto (Cebulski Wojciech, questo il nome del sacerdote, chiamato da tutti don Adalberto) è aiuto pastorale nella parrocchia di Maria Ss.ma della Misericordia e Santa Fede, la chiesa di Corso Sardegna che ha visto i suoi fondi completamente allagati. «Questa tragedia – ha detto il sacerdote – ci pone delle domande. Eravamo pronti? Siamo pronti?». «Stamani – ha aggiunto – alcuni di noi piangono nel cuore perché hanno perso le cose, altri piangono di più perché hanno perso le persone. Oggi la Liturgia della Parola ci ricorda che dobbiamo essere pronti e chiedere al Signore che ci dia il dono della sapienza, ossia sapere agire in ogni situazione della vita. Abbiamo sperimentato quello che dice un proverbio: “Dio perdona sempre, l’uomo alcune volte, la natura mai”. Qualcuno deve pagare gli sbagli anche degli antenati e questo è quanto si è realizzato». «Non vogliamo fare discussioni, polemiche, non vogliamo accusare nessuno – ha concluso -, ma solamente pregare e chiedere al Signore il dono della sapienza».
Con gli occhi gonfi e smarriti
Padre Francesco Lia è il parroco della chiesa di Santa Margherita di Marassi, nel cui territorio abitava Shpresa Djala, la mamma albanese di 28 anni, morta con le due figlie, Janissa (che aveva solo un anno) e Gioia (8 anni), e con Angela Chiaromonte, i cui funerali si sono svolti lunedì mattina (7 novembre). «Stamani – ha detto il sacerdote – in chiesa c’era tantissima gente, al di là delle aspettative, e si percepiva che tutti i presenti avevano bisogno di una parola di conforto». «A messa – ha aggiunto – c’erano i compagni di scuola di Gioia che, pur non essendo cristiana, aveva partecipato ad alcune attività dell’oratorio e, di tanto in tanto, frequentava anche le attività della parrocchia. Avevano tutti gli occhi gonfi ed erano smarriti». Per questo, ha aggiunto, «faremo un momento di preghiera adatto a bambini della loro età che si terrà mercoledì pomeriggio, al quale saranno presenti tutti i compagni di Gioia e le loro maestre».
Padre Lia è stato testimone di numerosi gesti di solidarietà: «Abbiamo ricevuto numerose offerte di aiuto. Tanti parrocchiani mi hanno dato la disponibilità ad accogliere in casa persone o famiglie sfollate. Abbiamo la percezione di una comunità ferita dalla perdita di vite umane, di posti di lavoro, di beni di uso comune. Una comunità ferita dalla perdita di sicurezza materiale, venuta meno, e oppressa da un grande senso di precarietà». Di «tantissima solidarietà, tanti giovani, studenti che si sono messi ad aiutare le persone in difficoltà e di un aiuto concreto, che grazie al lavoro di tutti ha permesso di iniziare a rimediare ai tanti disagi», ha parlato anche don Ettore Spandonari, parroco di Nostra Signora della Guardia di Quezzi, la parrocchia dove abitavano Evelina Pietranera e Serena Costa, i cui funerali si sono svolti l’8 novembre.