«No alla guerra» è il coro che instancabile è stato ripetuto continuamente per le strade di Roma sabato 5 novembre da giovani, anziani e famiglie. E potrebbe terminare qui la cronaca della manifestazione per la pace convocata dalla Coalizione «Europe for Peace», che ha radunato nella capitale decine di migliaia di persone, rappresentanti di diverse realtà, ma anche semplici cittadini che non sopportano quanto sta accadendo in Ucraina, come anche in Iran e in tutti i Paesi dove non viene rispettata la libertà di ogni essere umano
Cori e striscioni
La musica, i cori e lo striscione emblema, alle 13,30, hanno avviato il corteo che da piazza della Repubblica si è mosso fino a piazza San Giovanni in Laterano, tra la gente cartelli con slogan inneggianti alla pace, bandiere colorate piccole e grandi, come quella portata da decine di mani diverse. Dal palco, posizionato proprio davanti alla basilica di San Giovanni in Laterano, si sono alternati gli interventi che hanno rilanciato il messaggio promosso dalla manifestazione, iniziando da Francesca Giuliani per Sbilanciamoci, Raffaella Bolini di Arci, Rossella Miccio di Emergency e Associazione Ong italiane, Gianfranco Pagliarulo per Anpi, Emiliano Manfredonia di Acli, Sergio Bassoli di Rete italiana pace disarmo, Flavio Lotti della Tavola della pace e Comitato promotore Marcia Perugia Assisi, Giuseppe De Marzo di Rete dei Numeri pari, Gianpiero Cofano di Stop the war now, Francesco Scoppola per l’Agesci, don Luigi Ciotti di Libera, Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio, Maurizio Landini della Cgil e altri ancora, come per esempio Nicolas Marzolino, giovane ferito da un ordigno inesploso e consigliere dell’Associazione nazionale vittime civili di guerra, che ha messo in evidenza l’impatto devastante a lungo termine delle guerre e delle armi. Prima degli interventi però dai monitor sono stati rilanciati i video testimonianza di Katrin Cheshire, attivista del Movimento pacifista ucraino, e Alexander Belik, coordinatore del Movimento degli obiettori di coscienza russi, assieme alla lettura del messaggio di Setsuko Thurlow, sopravvissuta di Hiroshima.
Il messaggio di Zuppi
«Chiediamo all’Italia di ratificare il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari non solo per impedire la logica del riarmo, ma perché siamo consapevoli che l’umanità può essere distrutta. Dio, il cui nome è sempre quello di pace, liberi i cuori dall’odio e ispiri scelte di pace, soprattutto in chi ha la responsabilità di quello che sta accadendo. Nulla è perduto con la pace. L’uomo di pace è sempre benedetto e diventa una benedizione per gli altri». È questo un passaggio del messaggio del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, letto all’inizio dei discorsi che hanno sottolineato, in modo più o meno spigoloso, l’importanza dell’intervento della diplomazia e dei buoni propositi che rifuggano la logica del mercato e degli interessi, costruendo una società più a misura d’uomo, rispettosa dei diritti di tutti e, soprattutto, degli ultimi.
Molte volte il nome di papa Francesco è apparso tra le citazioni, richiamando i suoi appelli sulle tematiche economiche, sociali, ambientali e umane, come nell’intervento di don Ciotti che ha lanciato due proposte al Parlamento, maturate assieme a padre Alex Zanoteli, Francesco Gesualdi e altri amici della Rete italiana pace e disarmo, per varare una legge per l’istituzione del Dipartimento di difesa civile non armata e non violenta, ed un’altra che contenga un’opzione fiscale del 6 per mille dell’Irpef: «Lo slogan è: sei per la pace? Sei per mille. La libertà di poter scegliere che le nostre tasse vadano nella direzione di essere usate per la lotta alla povertà, per produrre lavoro, libertà e dignità. Non vogliamo che i nostri soldi vadano nella direzione sbagliata».
La manifestazione si è conclusa intorto alle ore 17 con lo stesso grido che l’ha aperta: «Questa guerra va fermata subito. Basta sofferenze! L’Italia, l’Unione europea, gli Stati membri, le Nazioni Unite devono assumersi la responsabilità del negoziato. È urgente lavorare ad una soluzione politica del conflitto, mettendo in campo tutte le risorse ed i mezzi della diplomazia, al fine di far prevalere il rispetto del Diritto internazionale, portando al tavolo del negoziato i rappresentanti dei governi di Ucraina e Russia».
Leggi anche:
«Europe for peace», anche gli ambrosiani in piazza a Roma