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Esteri

Dopo la Crimea ora trema la Moldova

Le preoccupazioni del vescovo di Chisinau, monsignor Anton Cosa, in un convegno a Trieste. In Italia 150 mila immigrati, soprattutto donne

17 Marzo 2014

Anche la Moldova sta vivendo ore cruciali. Quanto sta avvenendo nella vicinissima Crimea, desta sentimenti di vigilanza e preoccupazione nel Paese. Se ne è parlato a Trieste, ai margini di un convegno sulla “Moldova europea e cristiana. Quale impegno dopo l’accordo di Vilnius tra la Moldova e l’Unione Europea”. Si guardano con apprensione le evoluzioni della dolorosa vicenda Ucraina e le possibili ripercussioni sulla vicina Moldova. Il Paese, infatti, si trova proprio al confine tra l’Europa dell’Est e quella dell’Ovest. Per non parlare della Regione della Transnistria, la cui situazione di  vulnerabilità è molto simile a quella della Crimea, in quanto territorio che pur facendo parte della Moldova è fortemente russofono. In Transnistria, peraltro, è presente un grande contingente delle forze armate russe.

La posizione del governo moldavo

Il  governo moldavo ha dichiarato di considerare illegale il referendum di Crimea e di non riconoscerne i risultati. «C’è un esercito sul luogo – spiega Victor Lutenco, capo ufficio presso il governo moldavo – e non si può fare una scelta democratica e libera sotto la minaccia dei kalashnikov. Noi pensiamo che questa non è la risoluzione dei conflitti. Certamente non vogliamo che una situazione di questo genere si ripeta in Transnistria e in altre regioni della Moldova». La via diplomatica resta l’unica opzione possibile per risolvere le questioni. «Sappiamo per esperienza – conferma Lutenco – cosa porta un conflitto, in termini di vite umane ma anche di costi politici e sociali. Il conflitto tiene fermo un Paese intero, lo blocca, ne impedisce lo sviluppo e non vogliamo questo destino né per noi né per i nostri vicini ucraini».

“Giorni cruciali” 

È preoccupato anche il vescovo cattolico di Chisinau, monsignor Anton Cosa. Parla di “giorni cruciali” che «potrebbero portare ad un sostanziale cambiamento del sistema geo-politico dell’Ucraina e non solo». Ed aggiunge: «La nostra funzione prima di tutto è quella di essere accanto al popolo, nel nome della non violenza, del rispetto dei diritti e della difesa di chi soffre». «La Chiesa non deve svolgere assolutamente una funzione politica», «deve promuovere ed affermare i principi evangelici, deve difendere i deboli, deve richiamare alla verità della storia e dell’uomo. Le nostre armi sono il Vangelo e la croce di nostro Signore, sulla quale siamo disposti a salire per amore e non per servilismo».

Il ruolo dell’Europa

A puntare i riflettori dell’attenzione diplomatica internazionale sulla Moldova è anche Luca Volontè, deputato del Parlamento Europeo. «Penso che in uno scenario come quello di Crimea e di Ucraina e un possibile contagio in Moldova, si debba perseguire il più possibile la ragione del buon senso e della soluzione politica». Volontè ammette la debolezza dell’Unione Europea. «L’Europa – dice – sta facendo purtroppo la ruota di scorta degli Stati Uniti. E quanto gli Stati Uniti siano in buona fede in questo braccio di ferro è tutto da scoprire». Forti insomma sono gli interessi geopolitici ed economici di tutte le parti in causa. «Quello che a noi deve stare a cuore – incalza Volontè – è che tutto si svolga in un processo pacifico». E volgendo lo sguardo al futuro, aggiunge: «La Moldovaper storia e tradizione è fortemente europea. Alla luce di quanto sta accadendo nell’area nelle ultime settimane, ancor più si stanzia la sua posizione all’interno dell’Europa. Ora bisogna sperare che la Commissione europea guardi anche a questo piccolo Paese ma così importante per la sua cultura, la sua storia e le sue radici religiose con lo stesso interesse con cui sta guardando altri processi di integrazione».

Un pezzo di Moldova vive anche in Italia

La comunità moldova nel nostro Paese è formata di circa 150 mila persone che sono arrivate in Italia negli ultimi 15 anni. «150 mila persone – dice monsignor Giancarlo Perego, presidente della fondazione Migrantes – che sono soprattutto donne al 70%, donne che lavorano nel tessile, come badanti nei servizi alle persone, e nel mondo della ristorazione. Questo mondo è molto inserito nella comunità italiana, tant’è che sono pochissimi i casi di persone coinvolti in reati e che sono finite in carcere». È interessante notare anche che negli ultimi anni è cresciuto il ricongiungimento familiare e le nascite sono raddoppiate nel giro di pochissimi anni. «Abbiamo 25 mila bambini moldavi che frequentano le nostre scuole. Crescono anche i matrimoni misti. È una comunità che certamente è un valore aggiunto per l’Italia. Una comunità che ha un respiro europeo oltre che aiutarci a guardare con attenzione all’Oriente di cui questa comunità è parte».