La legge 112/2016 «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare» (a tutti nota come legge sul «Dopo di noi»), costituisce la novità legislativa del 2016 per il movimento delle persone con disabilità, delle loro associazioni, della cooperazione sociale. Un’approvazione importante avvenuta nell’anno del primo decennale della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità siglata a New York nel dicembre 2006. Si tratta di una novità di rilievo per il mondo della disabilità perché la legge 112, attesa da tempo, mette a disposizione uno strumento in più che arricchisce l’orizzonte degli interventi con cui oggi gli enti pubblici e le diverse realtà del Terzo settore sono impegnate a sostenere percorsi di emancipazione delle persone con disabilità dai rispettivi genitori.
Con questa legge si colma un vuoto normativo per cercare di rispondere alla domanda «costitutiva» di quasi tutte le realtà che operano a sostegno delle persone con disabilità: «Cosa succederà ai nostri figli dopo di noi, quando noi non ci saremo più?». Si tratta dell’interrogativo di fondo tra i più ricorrenti che ha spinto e spinge tuttora molte famiglie ad aggregarsi tra loro, a dar vita a gruppi di impegno; da questa spinta, nel corso degli ultimi vent’anni, sono nate anche molte cooperative sociali da cui sono poi gemmati importanti progetti. In risposta a questa domanda ed a tutto ciò che da questa domanda iniziale è stato generato, questa legge è importante per almeno tre motivi concreti.
Innanzitutto, istituisce un fondo appositamente dedicato alla cura ed all’assistenza delle persone con gravi disabilità prive di sostegno familiare con una dotazione iniziale per la Regione Lombardia pari a 15 milioni e 30 mila euro per il 2016 e da impiegare nel 2017 (dgr X/6674 del 7/6/2017). Si tratta di risorse aggiuntive rispetto a quelle attualmente impiegate per la rete dei sostegni e dei servizi già in essere. In secondo luogo, la struttura della legge è stata concepita per favorire la messa in comune di risorse private e pubbliche e per provare ad attivare un volano di investimenti a beneficio dei progetti di vita per il «Dopo di noi». La legge prevede quindi un ventaglio di strumenti specifici, sia di tutela giuridico-patrimoniale come il Trust, il vincolo di destinazione e i fondi speciali, sia strumenti tipici dei servizi sociali come il progetto di vita, il case manager e il budget di progetto. Il terzo motivo di importanza è che la legge delinea una nuova prospettiva di intervento a sostegno dei genitori e dei figli con disabilità, identificando nella casa la dimensione esistenziale ottimale per realizzare il percorso e il progetto di vita della persona con disabilità quando verranno a mancare i genitori o quando questi non saranno più in grado di assistere i figli.
Quindi la legge sostiene il diritto di vivere bene a casa propria prima che in un servizio speciale, favorendo processi di de-istituzionalizzazione. Per approfittare al meglio delle opportunità messe a disposizione dalla legge, infatti, la chiave vincente sarà il confronto e il lavoro di rete sul territorio tra famiglie, enti locali, cooperazione sociale ed associazionismo. Tale approccio potrebbe costituire la testimonianza concreta che, dalle «parole» della norma, possono emergere «fatti» importanti di innovazione sotto forma di nuove collaborazioni, alleanze e sinergie per affrontare insieme l’avvio di una nuova stagione di interventi per il «Dopo di noi» che riguarda in primo luogo le persone con grave disabilità ma ha riflessi più generali sul tema della casa, dell’abitare e della convivenza in una comunità più inclusiva.