«In questi tempi di crisi economica e finanziaria, durante la quale sempre più diritti economici e sociali sono messi sotto pressione, la domenica libera dal lavoro è una dimostrazione chiara e visibile che le persone e le nostre società non dipendono solamente dal lavoro e dall’economia». Con questa premessa il movimento denominato European Sunday Alliance che si prefigge di mantenere liberi i giorni festivi dalle attività produttive e professionali (salvo quelle legate a servizi necessari o pubblici), ha promosso domenica 4 marzo una giornata di mobilitazione.
L’intento espresso dai promotori – fra cui numerose sigle cattoliche di diverse nazioni – è stato quello di promuovere in ogni Paese europeo iniziative volte a segnalare l’importanza della domenica come giorno di riposo, da dedicare a se stessi, alla famiglia, alla comunità. Molte le manifestazioni in vari Stati (Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Spagna, Svizzera) e le proposte su scala cittadina, provinciale o regionale. La Giornata è stata rilanciata via web anche dalla Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea), da lungo tempo impegnata per la domenica senza lavoro.
Del movimento fanno parte associazioni, sindacati, chiese, che sottolineano ancora: «Noi crediamo che tutti i cittadini dell’Ue abbiano diritto di beneficiare di orari di lavoro dignitosi che, per una questione di principio, escludano il lavoro tardo serale, notturno, durante le festività pubbliche e le domeniche. Solo i servizi essenziali dovrebbero essere operativi la domenica». Nel documento intitolato Invito all’azione, European Sunday Alliance afferma ancora: «Oggi le leggi e le pratiche esistenti a livello Ue e di Stati membri devono proteggere maggiormente la salute, la sicurezza e la dignità di tutti e dovrebbero promuovere con più decisione la riconciliazione della vita professionale con quella famigliare. Noi crediamo che la coesione sociale debba essere rinforzata».
L’Alleanza (attiva da alcuni anni, la cui dichiarazione fondativa porta la data del febbraio 2011, a Bruxelles) chiede alle decine di sigle che ne fanno parte, e ai nuclei locali dell’Alleanza stessa, di rendere visibile questi concetti con le più svariate forme di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Accanto alla Giornata del 4 marzo, andrebbe collocata – seppur con qualche tonalità differente – quella del 5 marzo, denominata Giornata europea per la parità retributiva (la Commissione Ue calcola che le donne guadagnino mediamente, a parità di mansioni e responsabilità, il 16,4% in meno dei colleghi uomini). Certo si tratta di due argomenti diversi, eppure tutti e due convergono sul fatto che una maggiore tutela del lavoratore, un accresciuto rispetto per le esigenze personali e familiari di chi trascorre in fabbrica, in ufficio o in un negozio buona parte dell’esistenza, renderebbero la vita di milioni di persone qualitativamente migliore, a vantaggio della tenuta della famiglia e della società nel suo complesso.