Potenziamento della cultura dell’inclusione scolastica, valorizzazione della funzione del docente per il sostegno, interventi personalizzati per alunni con bisogni educativi speciali. Sono alcuni dei punti contenuti nella direttiva presentata in questi giorni dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (Miur) che definisce, dopo trentacinque anni dalla legge che diede avvio al processo d’integrazione nelle classi comuni, un’unica strategia di inclusione condivisa tra scuola, territorio e famiglie. A riflettere sulle linee guida tracciate dal Miur e fare il punto della situazione, Salvatore Nocera, vicepresidente nazionale della Fish (Federazione italiana superamento handicap) e già presidente del Movimento apostolico ciechi, esperto di politiche di integrazione scolastica.
Quali sono gli elementi più importanti della nuova direttiva?
L’intesa con il Ministero della salute è certamente importante, come lo è la scelta di valutare gli alunni sulla base degli Icf (classificazione del funzionamento, della disabilità e della salute promossa dall’Oms, ndr). In relazione a questo grande lavoro, tuttavia, abbiamo delle perplessità. Le Asl, infatti, sostengono di non avere personale sufficiente per far fronte ad un impegno simile: la diagnosi in base all’Icf è decisamente più lunga rispetto a quella strettamente sanitaria. Ho timore che, malgrado l’intesa, i criteri dell’Icf saranno difficilmente attuati. Altro grave aspetto, poi, è che in alcune regioni, come ad esempio la Lombardia, solo la prima visita di incontro è a spese dell’Asl mentre le successive sono a carico degli utenti. È un fatto molto grave perché genera discriminazione ai danni delle persone con disabilità: gli altri studenti, infatti, non hanno bisogno di questa macchinosa e costosa documentazione.
Il Ministero ha fatto passi avanti sui Disturbi specifici di apprendimento (Dsa)…
Il lavoro sui Dsa è davvero positivo. D’altra parte, come risvolto contrario, si deve ancora una volta rilevare l’aumento considerevole del lavoro per le Asl. Finora, infatti, questi disturbi non andavano certificati. Dal momento che sembra siano circa 350.000 gli studenti affetti da Dsa, il lavoro a carico delle Asl sarà certamente oneroso. Sarebbe necessario che i due Ministeri, d’intesa con la Conferenza Stato regioni, intervengano. Certamente le parole del presidente Monti riguardo al Sistema sanitario nazionale (Ssn), che potrebbe non essere garantito se non si individuano nuove modalità di finanziamento, gettano inquietudine per tutte le persone con disabilità che hanno bisogno del Ssn oltre che per la propria salute anche per delle prestazioni di carattere socio-assistenziale o sanitario.
In un recente rapporto, Cittadinanzattiva ha rilevato una situazione deficitaria della scuola italiana: scalini all’ingresso, ascensori assenti o non funzionanti, barriere architettoniche, assenza di bagni accessibili…
È una fotografia veritiera dello stato dei fatti. In molte scuole, almeno per l’accesso, sono state trovate soluzioni con scivoli mobili o entrate secondarie. Il problema, però, resta per la mobilità all’interno dei locali. Gli studenti con disabilità motoria sono circa il 20% sul totale di quelli con disabilità. Non c’è dubbio che si tratta di un problema grave. Il ministero si era impegnato a predisporre un piano di eliminazione delle barriere architettoniche ma ora non ci sono più i fondi. Non si può negare che il Miur stia facendo sforzi incredibili per garantire la qualità dell’integrazione. Ma i risultati non sono all’altezza.
In Italia sono 215.590 gli alunni con disabilità. L’attuale sistema di insegnanti di sostegno è sufficiente per fare fronte alle diverse necessità?
La media è di un insegnante di sostegno ogni due alunni, che sarebbe accettabile se non fosse per la distribuzione non omogenea sul territorio. È molto più alta al Sud, dove si raggiunge la media di un insegnante ogni alunno e mezzo, e bassa al Nord, con un’insegnante ogni due alunni e mezzo, nonostante il numero di certificazioni sia in proporzione superiore che nel Meridione. Quando il rapporto è rispettato, la didattica funziona bene.
Cosa fanno le famiglie nel caso di inosservanza delle norme?
Laddove un genitore non si sente soddisfatto, ricorre al Tar. Ci sono due impedimenti principali per la qualità dell’integrazione: il primo è costituito dalle classi sovraffollate, nonostante il Miur abbia emanato una norma che stabilisce il numero massimo di 20 alunni; il secondo è dato da quegli insegnanti curriculari che dovrebbe occuparsi dell’integrazione scolastica con l’aiuto dell’insegnante di sostegno e che, invece, si disinteressano dello studente con disabilità demandando interamente il compito all’insegnante di sostegno. I genitori, quindi, sono costretti a fare causa. Stiamo arrivando all’assurdo che ormai le ore di sostegno non le assegna più l’Ufficio scolastico ma il Tribunale. Quello che abbiamo chiesto come Fish è un rispetto della normativa sul numero massimo di alunni per classe e l’istituzione di corsi di formazione obbligatoria, sia iniziale che in servizio, per i docenti curriculari.