Anche la piccola comunità cristiana di Gaza, poco più di 1.000 fedeli, oltre 100 dei quali cattolici, fa la conta dei danni dei bombardamenti israeliani in corso sulla Striscia. «Almeno 8 famiglie di nostri fedeli hanno perso l’abitazione e sono ospitati in parrocchia insieme ad altre 200 persone – dichiara padre Gabriel Romanelli, il parroco latino di Gaza -. Nel centro Tommaso d’Aquino ce ne sono altre 30, mentre nelle strutture della Sacra Famiglia, interne alla parrocchia, ne abbiamo circa 400. Molte di queste sono musulmane che abitano nelle vicinanze. Attiva anche la Chiesa ortodossa, che sta assistendo una cinquantina di suoi fedeli e anche di musulmani».
Popolazione tra due fuochi
Con il blocco di forniture di luce, cibo, carburante, gas e acqua, deciso da Israele per assediare Hamas e preparare l’offensiva terrestre, peggiorano ora dopo ora le condizioni della popolazione gazawa che si trova letteralmente tra i fuochi dei due combattenti. L’ultimo bilancio dei morti nel conflitto parla di 1.300 israeliani e 1.200 palestinesi.
Israele ha ribadito che non permetterà «l’ingresso di risorse di base o aiuti umanitari a Gaza finchè Hamas non avrà liberato gli ostaggi». In queste condizioni, ha affermato la Croce Rossa, «presto la situazione sarà ingestibile». Sono oltre 338.000 gli sfollati a Gaza, ha spiegato l’Onu. Si lavora con l’Egitto per consentire un passaggio sicuro a Gaza degli aiuti e di medicine e per l’apertura di un corridoio umanitario «a senso unico verso l’Egitto» presso il valico di Rafah, l’unico non controllato da Israele.
Scuole e parrocchia aperte
«Stiamo allestendo la scuola per ospitare gli sfollati ma non abbiamo molto da offrire come materassi e coperte, perché in passato non è mai accaduto di accogliere persone. Mai come in questi giorni le famiglie non sanno dove andare e sono alla ricerca disperata di rifugi. In questa tragedia ci confortano molto le preghiere e le parole di Papa Francesco che ringraziamo a nome di tutti». Da Gaza, dove dirige la scuola del Patriarcato latino di Gerusalemme, a parlare è suor Nabila Saleh, delle suore del Rosario.
Nella notte appena trascorsa l’aviazione israeliana ha continuato a bombardare obiettivi terroristici appartenenti ad Hamas. La Striscia è oramai stretta d’assedio. «Abbiamo notizie di alcune famiglie degli studenti della nostra scuola che hanno perso la casa e alcuni loro parenti, in particolare un papà con una figlia, sono dispersi sotto le macerie – racconta la religiosa -. Si scava a mani nude nella speranza di ritrovarli ancora in vita». Anche la scuola lamenta qualche danno, «ma niente di grave rispetto a ciò che si vede nei media», si affretta a dire suor Nabila.
In arrivo famiglie musulmane
Il personale della scuola da questa mattina presto sta collaborando con le suore per allestire spazi sufficienti ad accogliere gli sfollati. L’istituto scolastico, il più grande della Striscia, è situato nel quartiere di Tel al-Hawa, nella parte meridionale di Gaza, dove si trovano anche l’Università Islamica e uffici ministeriali. A collaborare con suor Nabila, è Hanady, la sua assistente da tempo, «il mio braccio destro», dice la religiosa: «Israele ha avvisato la popolazione del quartiere a non avvicinarsi ad alcune zone perché a rischio raid. Hanady abita proprio in quella parte per cui verrà a stare da noi. Al momento ci prepariamo a ricevere una decina di famiglie, circa 70 persone in totale. Ma potrebbero arrivarne di più. La gran parte di queste famiglie sono musulmane, i nostri studenti, infatti, sono praticamente tutti di fede islamica».
«Abbiamo bisogno di preghiera»
«Siamo in una area pericolosa che in passato è stata spesso colpita dai raid aerei di Israele – spiega la preside – e mai nessuno ci aveva chiesto ospitalità e rifugio. Ma adesso è diverso, la situazione è drammatica e le famiglie cercano luoghi dove riparare e non possiamo dire di no alle richieste di aiuto e abbiamo aperto la scuola. Da noi le famiglie possono trovare un po’ di energia elettrica garantita dai pannelli solari, dono prezioso della Chiesa italiana finanziati con i fondi dell’8×1000, e dell’acqua che attingiamo da un vecchio pozzo che abbiamo dentro la scuola. Il cibo scarseggia, abbiamo chiesto aiuto a degli organismi internazionali e non sappiamo se e cosa potranno darci. Ma di una cosa abbiamo soprattutto bisogno, della preghiera e della vicinanza di tutti. E che Dio illumini le menti di chi ha in mano le sorti di questa guerra».