Affonda una nave da crociera e, per certi versi, ci ritroviamo tutti un po’ più fragili e indifesi. Quello che è avvenuto davanti all’isola del Giglio, con la Costa Concordia drammaticamente adagiata in mare e la tragica conta di morti, feriti e dispersi, colpisce fortemente tutti.
I primi racconti dei protagonisti e i primi resoconti dei cronisti usavano un’immagine scolpita nell’immaginario collettivo: quella del Titanic. Non siamo di fronte a un disastro delle stesse dimensioni, tuttavia anche la perdita di una sola vita umana è insopportabile. Il bilancio, per ora, è di tre morti e ci sarebbero numerosi dispersi, per i quali ci auguriamo il meglio.
Colpisce l’accaduto, per i suoi forti contrasti. Da una parte, la crociera, la vacanza galleggiante: luci, gioia, risa, benessere, la vita. Dall’altra, il buio e il terrore del naufragio, l’acqua gelida, il panico, la morte. Scene che si sovrappongono e che fanno pensare, tra l’altro, a ben altre situazioni di naufragi disperati, cui ci ha abituato purtroppo la cronaca: barconi di migranti, carrette del mare alla deriva tanto diverse dalla super imbarcazione da crociera, piena di tecnologia e potenza. Eppure come sembrano simili le grida di aiuto delle persone, la paura, l’impotenza, i pianti di uomini, donne e bambini.
Si assomigliano, tra l’altro, i tanti gesti di solidarietà che hanno illuminato anche questa notte di tragedia. Il prodigarsi dei soccorritori e la reazione disponibile di tanta gente sull’isola del Giglio e non solo, le coperte, l’offerta di un tetto, di attenzione e di vicinanza a chi soffre e ha paura. L’impegno spontaneo per aiutare, e anche la preghiera – perché no? – che certo non è mancata per le vittime e per chi è tribolato. Vicinanza e solidarietà. Anche da parte nostra.