Una prima volta assoluta, non solo in Italia, ma in tutta Europa. Dal 2016 a oggi, attraverso i corridoi umanitari, sono arrivate nel nostro Paese oltre seimila persone. Caritas Ambrosiana ne ha accolte una sessantina, dei 1300 arrivi gestiti dalla Caritas nazionale. I nove rifugiati afghani sbarcati martedì a Fiumicino (cinque di loro sono già arrivati nella nostra diocesi) sono però i primi a entrare in Italia con la formula dei «corridoi lavorativi». Ovvero hanno già una collocazione in azienda, dopo aver seguito un iter di selezione in base alle proprie competenze e alla loro spendibilità nel nostro mercato del lavoro.
«L’intuizione c’è stata un anno fa – spiega Oliviero Forti, responsabile di Caritas Italiana per le Politiche migratorie -. Durante i colloqui che facciamo abitualmente in Pakistan per individuare chi sarà poi beneficiario dei corridoi umanitari, Hamed, un giovane padre di famiglia, si è presentato mettendo subito in evidenza le proprie competenze professionali. La cosa ci ha sorpreso, ma forse questo giovane aveva capito che, oltre a trovare un Paese sicuro, la vera sfida sarebbe stata quella del lavoro, per poter mantenere sé e la sua famiglia».
Come gli altri, anche questi rifugiati sono in una condizione di vulnerabilità: sono donne sole con bambini, hanno patologie sanitarie, sono in ogni caso in fuga da una situazione non sicura. «Ora in tutti i colloqui cerchiamo di capire chi ha competenze facilmente spendibili (per esempio una laurea già riconosciuta a livello europeo)», aggiunge Forti. Grazie all’accordo con l’agenzia per il lavoro Mestieri (che si rivolge in particolare a persone con fragilità) per alcuni iniziano così, a distanza, i classici passaggi della ricerca di lavoro, dai colloqui online all’individuazione delle aziende. «La nostra idea è individuare soprattutto persone con un profilo professionale medio o basso, dalle sarte agli operai edili – sottolinea Forti -. Con l’auspicio che la formula del corridoio lavorativo diventi la norma per tutti».
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