«La solidarietà non può essere criminalizzata. Diamo il buon esempio in Europa cambiando i Decreti sicurezza». A sostenerlo è il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, commentando il Patto europeo sulle migrazioni a margine di un webinar nel quale nei giorni scorsi l’organismo diocesano ha denunciato l’emergenza umanitaria che migliaia di migranti vivono nei campi profughi sorti lungo la Rotta Balcanica.
Secondo il direttore della Caritas il Patto europeo sulle migrazioni presentato il 23 settembre dalla commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson, contiene ancora molti limiti.
Primo: non abolendo ancora il Regolamento di Dublino, continua a scaricare sui Paesi di primo approdo gli oneri dell’accoglienza.
Secondo: avendo rinunciato a prevedere un meccanismo obbligatorio di ripartizione dei migranti tra i Paesi della Ue, non costruisce un meccanismo di solidarietà tra Stati davvero efficace.
Terzo: concentra gli sforzi sui rimpatri e i controlli delle frontiere, ribadendo una logica securitaria incapace di offrire risposte adeguate alla portata epocale della sfida rappresentata dalle migrazioni.
Il ruolo delle Ong
«Tuttavia – ha sottolineato Gualzetti -, occorre anche riconoscere lo sforzo fatto dalla Commissione e valorizzare le aperture». In particolare quella sulla quale varrebbe la pena di insistere, secondo il direttore della Caritas Ambrosiana, è il riferimento contenuto nel Piano al ruolo strategico che possono svolgere alcuni attori per quanto riguarda i salvataggi in mare.
E proprio su questo punto l’Italia, anziché protestare per quello che non ha ottenuto dalle istituzioni europee, potrebbe rilanciare, modificando i Decreti Sicurezza, proprio cominciando con l’eliminare quegli ostacoli che hanno fortemente penalizzato le Ong coinvolte nei soccorsi: «Sarebbe un messaggio forte per l’Europa, se proprio l’Italia, rivedendo i Decreti Sicurezza, come da tempo il Governo dice di volere fare, iniziasse appunto dal ruolo delle organizzazioni umanitarie impegnate nel Mediterraneo».
I corridoi e l’integrazione
Pur non essendo coinvolta nelle operazioni di soccorso in mare, Caritas offre ai migranti che si trovano al di là del Mediterraneo vie di accesso sicure e legali al nostro Paese, partecipando al progetto della Cei e dei Ministeri degli Affari Esteri e dell’Interno italiani, dei Corridoi umanitari che vede coinvolte complessivamente 47 diocesi in Italia.
Dal 2017 i Corridoi hanno consentito l’arrivo in sicurezza in Italia di 550 richiedenti protezione internazionale che vivevano nei campi profughi dell’Etiopia, della Giordania e della Turchia, scelti tra i soggetti più vulnerabili. Di questi 26 sono stati accolti nelle parrocchie ambrosiane.
Inoltre, a proprie spese, la Caritas Ambrosiana ha sostenuto l’accoglienza e i percorsi di integrazione di 83 persone titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari che hanno subito la revoca dell’accoglienza pubblica a seguito dell’entrata in vigore dei Decreti Salvini. Al momento 18 persone sono ancora negli appartamenti gestiti dalla cooperative sociali promosse da Caritas Ambrosiana.
Infine Caritas, tramite le sue cooperative, gestisce posti di prima e seconda accoglienza in convezione con i Comuni e le Prefetture: a oggi 260 persone sono ospitate nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) e 470 nel Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI).
Fuori dal nostro Paese Caritas Ambrosiana sostiene 13 progetti sociali (tra cui due social cafè e una cucina) nei campi profughi della Bosnia Erzegovina e della Serbia, paesi alle porte della Ue attraversati dalla Rotta Balcanica, l’altra grande via migratoria che sbocca nel nostro Paese.